Atto Costitutivo e Statuto della Associazione

L'Atto Costitutivo, lo Statuto della Associazione, la Scheda di Adesione sono pubblicati sotto la data del 2 febbraio 2013 di questo Blog

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lunedì 27 gennaio 2014

Un successo del Ce.S.I.

COMUNICATO STAMPA

Il Ce.S.I. tra i più prestigiosi Think Tank al mondo

Nel corso del 2013, il Centro Studi Internazionali – Ce.S.I. si è affermato tra i più importanti istituti a livello globale in base alla classifica stilata dall’Università della Pennsylvania “Ranking Think Tanks”. L’istituto figura al 16° posto mondiale nella categoria “Think Tank di medie dimensioni” (budget annuale inferiore ai 5 milioni di dollari), confermandosi un’eccellenza italiana nel campo dell’analisi di politica internazionale.

La prestigiosa classifica dell’Università della Pennsylvania, giunta alla sua settima edizione, prende in esame circa 6.800 istituti in 152 Paesi, analizzati da oltre 2.000 valutatori internazionali. “In un mondo dominato da tweet e brevi dichiarazioni, spesso parziali e superficiali, è importante capire a chi rivolgersi per ascoltare nuove proposte politiche in grado di riflettere la complessità del mondo reale”, ha affermato James McGann, Direttore del Programma “Think Tanks and Civil Societies”, in occasione della presentazione della graduatoria. “Questo indice è pensato per aiutare a identificare e riconoscere i centri di eccellenza mondiale nel campo della ricerca e dell’analisi politica”.

Il Ce.S.I., con sede in Roma, è nato nel 2004 per volontà di Andrea Margelletti, che da allora svolge la funzione di Presidente. L'attività del Ce.S.I si articola e si sviluppa a partire dalle richieste di numerosi committenti, istituzionali e privati, che si rivolgono alla professionalità, all'esperienza e al vivo interesse dei suoi collaboratori per l'attualità e l'approfondimento delle tematiche di politica estera e di sicurezza. Il lavoro del Ce.S.I. trova il suo apice nelle analisi che, con un costante e tempestivo aggiornamento, forniscono informazioni e chiavi di lettura obiettive delle dinamiche in atto.

martedì 14 gennaio 2014

Aggiornamento. L'Europa e i problemi militari

Consiglio Europeo 
Il bicchiere mezzo vuoto della difesa 
Alessandro Marrone
27/12/2013
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Tante dichiarazioni di principio, poche decisioni concrete, alcuni interessanti mandati affidati all'Alto rappresentante, alla Commissione e all'Agenzia europea di difesa (European Defence Agency - Eda). Il bicchiere del recente Consiglio europeo dedicato alle questioni di difesa può essere considerato mezzo vuoto o mezzo pieno.

Le aspettative nate alla vigilia dell’incontro del 19 e 20 dicembre sono rimaste in buona parte deluse, ma non del tutto. Le conclusioni del Consiglio Europeo iniziano affermando che “la difesa conta”, sia per la sicurezza dei cittadini europei che per la pace e stabilità del vicinato dell'Unione. Tra (molte) dichiarazioni di rito e (pochi) impegni concreti, ci si concentra su tre macro-temi: Common security and defence policy (Csdp), capacità militari, e industria della difesa.

Politica di sicurezza e difesa comune
Il primo macro-tema riguarda l'efficacia e l'impatto della Csdp, ovvero gli obiettivi e il dove, come, quando, usare gli strumenti militari e civili di cui l'Ue e gli stati membri dispongono per la politica di sicurezza e difesa. Riprendendo il rapporto dell'attuale Alto Rappresentante Catherine Ashton, il Consiglio non dice quasi nulla di nuovo. Vi è solo un generico impegno da un lato ad aiutare attraverso la Csdp stati terzi a migliorare la loro capacità di controllo dei confini, e dall'altro a fare sistema con le attività Ue in questioni di cooperazione giudiziaria e di polizia per affrontare le questioni dell'immigrazione, della criminalità internazionale e del terrorismo. Un impegno che in ottica italiana ovviamente è più che benvenuto.

Il Consiglio incarica poi l'Alto rappresentante a proporre nel 2014 un EU Cyber Defence Policy Framework e una Maritime Security Strategy. Il Consiglio invita anche l'Alto rappresentante, in cooperazione con la Commissione e consultando gli stati membri, “a valutare l'impatto dei cambiamenti a livello globale e a fare rapporto al Consiglio nel corso del 2015 sulle sfide e opportunità che ne derivano per l'Ue”.

Questa vaga formula può essere interpretata come il risultato dell'azione di quei paesi che da tempo chiedono l'elaborazione di una nuova European Security Strategy, in primis Italia, Polonia, Spagna e Svezia che nel 2012 hanno avviato la riflessione sulla European Global Strategy.

Capacità militari
Quanto alle capacità militari, il Consiglio sostiene in particolare quattro filoni di attività: velivoli a pilotaggio remoto (Remotedly Piloted Aircraft System - Rpas), capacità di rifornimento aereo, nuova generazione di comunicazioni satellitari governative e una roadmap di esercitazioni e training in ambito cyber-security.

Impegni più precisi sono espressi solo rispetto al primo filone. Si punta ad avere un Rpas europeo nel 2020-2025. Per farlo si pensa a: un programma per lo sviluppo di un Medium Altitude Long Endurance Rpas; la creazione di una comunità di utilizzatori - acquirenti e quindi finanziatori - tra gli stati membri interessati; sinergie con la Commissione per la cornice legale al fine di un'integrazione iniziale degli Rpas nel sistema di aviazione europeo dal 2016; appropriati finanziamenti alle relative attività di ricerca e sviluppo già dal 2014.

Riconoscendo l'importanza della trasparenza sulle capacità militari e dello scambio di informazioni tra paesi Ue, il Consiglio invita l'Eda e l'Altro Rappresentante a presentare entro fine 2014 proposte e linee guida per facilitare una cooperazione europea più sistematica e di lungo periodo. L'Eda viene anche incaricata di preparare, sempre per fine 2014, un rapporto su come gli stati membri dovrebbero cooperare in modo più efficace ed efficiente sullo sviluppo congiunto e la condivisione di assetti militari - il cosiddetto pooling and sharing.

Industria della difesa
Il Consiglio riconosce l'importanza della European Defence Technogical Industrial Base (Edtib) e di un mercato europeo della difesa integrato e competitivo. Importanza anche in termini di innovazione tecnologica, crescita economica e posti di lavoro per l'Europa. Tuttavia non si fanno grandi progressi. Lo stesso vale per le piccole e medie imprese. Sono riconosciute dal Consiglio come un motore di innovazione ed elemento chiave per la competitività dell'industria europea della difesa, ma non vengono presi impegni concreti a loro favore.

Il Consiglio assegna dei compiti specifici alle istituzioni europee su tre fronti. Prendendo atto dell'importanza delle attività di ricerca e sviluppo tecnologico, il Consiglio invita Commissione ed Eda a formulare insieme agli stati membri proposte su come stimolare la ricerca dual-use.

Sarà anche avviata un'azione preparatoria per attivare finanziamenti Ue alle attività di ricerca collegate alla Csdp. Sul versante certificazioni e standard, fondamentali sia per l'interoperabilità tra le forze armate europee che per rendere più efficiente la spesa militare e più competitivo il mercato della difesa, il Consiglio incarica Eda e Commissione di preparare un rapporto entro metà 2014.

Anche sulla sicurezza degli approvvigionamenti (Security of Supply), elemento chiave per l'industria europea soprattutto alla luce della crescente globalizzazione del mercato della difesa, il Consiglio incarica la Commissione di elaborare insieme agli stati membri e all'Eda una roadmap per arrivare a un regime europeo di Security of Supply.

Il Consiglio tornerà a occuparsi di difesa a giugno 2015, sulla base di un documento preparato a livello ministeriale a partire dai vari rapporti presentati da Commissione, Eda e Alto rappresentante. Si tratta cioè di un processo di medio periodo, che nelle sue varie tappe può avere un impatto più o meno significativo sulle capacità militari europee, sul comparto industriale e sulla politica europea di sicurezza e difesa. Molto dipenderà dalle azioni dei vari attori coinvolti.

Fermo restando che le decisioni fondamentali continueranno a dipendere dalla volontà politica dei principali governi europei, molto può essere fatto dalle istituzioni Ue e da altri soggetti pubblici e privati. Un ruolo non secondario è affidato al nuovo Alto rappresentante da scegliere nel 2014. Se avrà la personalità di un Don Abbondio, non c'è da aspettarsi un grande contributo da parte sua. Se la scelta cadrà invece su un Frà Cristoforo, potrebbe essere un'altra storia.

Alessandro Marrone è ricercatore dell’area sicurezza e difesa dello IAI (Twitter: Alessandro__Ma).
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sabato 11 gennaio 2014

Aggiornamento. Lezione aperta allo IASD 9 Gennaio 2014

Giovedì 9 gennaio 2013 al CASD per il seminario “Lo Scenario mediterraneo” coordinato ed organizzato dal gen. CC Centore (59° Sessione) si è tenuta una tavola rotonda aperta ad ospiti esterni con la partecipazione dell’Ambasciatore di Francia in Italia, Alain Le Roy e dall’ambasciatore dell’Ambasciatore Stefano Stefanini. Il tema specifico era la “cooperazione euromediterranea, anche nel settore della gestione della crisi. Le prospettive dopo il vertice europeo del 19-20 dicembre”.
L’intervento di Le Roy è stato esaustivo e si è ben integrato con quello di Stefanini dando un quadro della situazione estremamente interessante in cui emerge la volontà europea di aiutare la Libia a non diventare uno stato fallito, as assecondare la Tunista nel suo percorso costituzionalista ed istituzionale e l’Egitto ad uscire dal tunnel in cui si trova, cercando di mettere al riparo questa parte del mediterraneo al riparo di guerre come quella in corso in Siria.
Presenti alla tavola Rotonda sei Seniores (57°, 60° , 61, 53, 54, 51) IADS.
Prossimo Lezione aperta ad invitati esterni  Venerdi 17 pv. Ore 9-11. Sarà diramato l’avviso al più presto
(Il Segretario generale

Massimo Coltrinari 57° Sessione

lunedì 6 gennaio 2014

Turchia. La difficile posizione del primo ministro

Proteste in Turchia
Erdoğan è davvero finito?
Nathalie Tocci
10/06/2013
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La Turchia è spesso descritta come un polo economico con una politica estera (iper)attiva, reso possibile dalla stabilità politica assicurata dai tre mandati consecutivi del Partito Giustizia e Sviluppo (Akp). Critiche non mancano tuttavia ai limiti delle riforme messe in atto dal governo, sempre più lontane dall'agenda europea, e alle aspirazioni egemoniche del paese a livello regionale.

In questo scenario le pacifiche proteste in piazza Taksim, a Istanbul, hanno colto di sorpresa l'opinione pubblica internazionale. La stabilità politica della Turchia vacilla? L'indiscutibile primato dell'Akp potrà essere messo in crisi dalla crescente ondata di dissensi? “Erdoğan è davvero finito?” si domanda infine Judy Dempsey, del think tank Carnegie Europe.

Dissenso crescente 
Come molti analisti non hanno mancato di osservare, le proteste di Istanbul avevano poco a che vedere con la demolizione del piccolo parco Gezi in piazza Taksim per la costruzione di un maxi-centro commerciale. Con il violento intervento delle forze di polizia e l'uso massiccio di gas lacrimogeni sulla folla, le proteste si sono presto diffuse in tutto il paese.

I laici sono insorti contro l'adozione di una legge che restringe severamente il consumo di alcolici, giustificata dal primo ministro con l'esplicito riferimento a versetti coranici. Gli alevi, le cui già tese relazioni con il governo sono messe a dura prova dalla crisi siriana – e dalle recenti bombe sul confine, a Reyhanlı –, sono scesi in piazza contro la decisione del governo di dare al terzo ponte sul Bosforo il nome di “Selim il crudele”, sultano Ottomano mandante dei massacri dei musulmani alevi.

Ambientalisti e cittadini protestano contro l'incontrollata speculazione edilizia dell'Akp, deciso a spazzare via i pochi angoli verdi della città e ad erigere l'ennesimo centro commerciale nella vecchia sede del più antico cinema turco.

Al di là dei contenuti, ciò che ha unito i manifestanti che si sono presto mobilitati in tutto il paese è la crescente opposizione a una gestione del potere sempre più autoritaria del primo ministro. L'opposizione ad una concezione della democrazia fortemente maggioritaria e il dissenso verso una leadership gerarchica e accentrata hanno portato decine di migliaia di manifestanti nelle piazze turche. L'altro lato della medaglia è la crescente frustrazione verso l’inefficace opposizione del Partito popolare repubblicano (Chp), incapace di condurre importanti battaglie parlamentari.

Quale svolta?
La domanda di molti osservatori è se le proteste di Gezi Park possano segnare un punto di svolta nella politica interna. Il primo ministro avrà intuito di non potersi spingere oltre? Il governo potrà placare le opposizioni emerse con una brusca inversione di marcia?

È difficile che questa svolta abbia luogo ora. Sebbene le proteste abbiano raggiunto livelli senza precedenti, Erdoğan ha ragione quando afferma di poter “portare in piazza un milione di sostenitori ogni centomila dimostranti”. Parlando di numeri, il primo ministro turco gode ancora di una solida maggioranza nel paese.

Eppure le proteste hanno implicazioni più profonde, che non possono essere eluse attraverso un semplice calcolo elettorale. Il governo è attualmente coinvolto in una doppia sfida. Da un lato il “processo” - süreç - con il Pkk curdo. Dall'altro, il difficile tentativo di trovare i consensi per riformare la costituzione.

Ci sono buone possibilità che il governo turco riesca nella sua doppia sfida. Le dinamiche regionali - siriane ed irachene - e quelle interne sembrano convergere in una sinergia che rende l'intesa turco-curda per la prima volta possibile dopo trent'anni di conflitto.

Il negoziato con i curdi e l'accordo su una riforma costituzionale che possa portare ad un concreto avanzamento democratico del paese necessitano tuttavia di un profondo processo di revisione e di un coinvolgimento organico dell'intero paese.

Un governo di maggioranza, specialmente se ampia come quella di cui l'Akp dispone, può fare miracoli nel superare gli storici tabù del paese. Portare queste riforme al successo richiede tuttavia un vasto coinvolgimento delle molteplici anime della società turca.

Opportunità per l’Ue
Anche se può sembrare nostalgico e romantico affermarlo, l'Europa ha ancora un prezioso ruolo da giocare in questa partita. Portando avanti un credibile processo di adesione e fissando i parametri democratici su cui le eterogenee forze politiche turche possano convergere.

Anche qui un'emergente costellazione di fattori, dal recente ritrovamento dei bacini di gas nel Mediterraneo dell’est alle prospettive della nuova Europa multi-livello che potrebbe emergere oltre la crisi economica, suggeriscono che la virtuosa dinamica tra la Turchia e Unione europea non possa restare a lungo sopita. Ma attende, da entrambi i lati, nuove leadership per riprendere vigore.

Nathalie Tocci è vicedirettore dello Iai.
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