Relazione al Convegno
"La crisi armistiziale ed il Valore Militare"
In occasione della
Giornata del decorato 2019
Torino 6 aprile 2019
scuola di applicazione dell'Esercito
La Guerra di Liberazione: una guerra su cinque fronte 8 settembre 1943 – 25 aprile 1945
Massimo Coltrinari
La lotta che il
popolo italiano intraprese, all'indomani dell'armistizio dell'8 settembre 1943
con le Nazioni Unite può essere intesa come un tutto uno, ovvero una
opposizione armata al nazifascismo ed adesione alla coalizione antihitleriana.
Scopo di questa pubblicazione è quello di presentare l’approccio che abbiamo
adottato per la Guerra di Liberazione, ovvero la Guerra di Liberazione intesa
come una “guerra” combattuta su più
fronti uniti nella lotta in nome
di una Italia diversa e democratica.
I fronti
nascono al momento della dichiarazione di armistizio, l’8 settembre 1943,
quando gli Italiani si sono trovati di fronte a stessi ed ognuno ha dovuto fare
la sua scelta, come vedremo più avanti. Si sono verificate situazioni che
devono essere tutte intese in un unico insieme, nessuna esclusa, altrimenti si
fa una ricostruzione palesemente priva dei suoi elementi fondamentali.
Come dobbiamo
considerare questi fatti:
. Il
ten. col. Zignani e il col. Raucci:
fucilati il 17 novembre 1943 ad Elbassan in Albania dai tedeschi, in uniforme
con le stellette al bavero, perché a capo di unità combattenti del C.I.T.a.M.
.
197 Sottotenenti giurano fedeltà al Re ed alla Patria nel campo di
concentramento tedesco di Darlan in Polonia il 23 novembre 1943
. Le
I.S.U. lavorano, nel gen. 1944, 24 ore
al giorno con turni di 8 ore al porto di Boston per alimentare il Corpo di
Armata Americano che sbarcherà in Normandia
. Il
gen. Raffaele Cadorna è al comando del Corpo Volontari della Libertà nel Nord
Italia riconosciuto da tutte le forze “ribelli” operanti
. Il
I Raggruppamento Motorizzato attacca sulla stretta di Mignano Montelungo l’8 e
il 16 dicembre 1916 inquadrato nella 36 Divisione Texas USA
.Mussolini,
capo della Repubblica Sociale Italiana, proclama nel 1944 la socializzazione
. Il
cap. dei Carabinieri Reali Pezzella a capo della compagnia di Reali
Carabinieri svolge compiti di polizia
militare sulla testa di ponte di Anzio dal 22 gennaio al 25 maggio 1944, in
sostituzione delle Polizie militari britanniche e statunitensi; con lui
artiglieri e genieri italiani “ccoperatori” sono sulla medesima testa di ponte
. La
Divisione “Garibaldi”, ex divisione 2Venezia” e altre unità italiane composta
da unità alpine combatte in Montenegro (Zavattaro-Ardizi)
. La
Balkan Air Force composta totalmente da personale militare italiano con
basi nelle Puglie rifornisce le unità
jugoslave per conto degli Alleati
. Il
fronte militare clandestino di Roma (gen. Bentivegna)con la sua attività
informativa salva dalla distruzione la
testa di ponte alleata di Anzio
. 4000 Italiani in uniforme tedesca (Whermach)
difendono Praga nell’aprile 1945
.Le
Divisioni Friuli e Cremona liberano la Corsica dall’8 al 21 settembre 1943 e consegnano l’Isola alle forze Francesi
sopraggiunte
Hanno
oltre 700 morti e 100 feriti
. La
Divisone Perugia rimane in armi (oltre 10.000 uomini) nell’area di Santi
Quaranta fino al 3 ottobre 1943, 8 giorni dopo la resa della Divisone acqui, In
attesa dell’arrivo dei soccorsi promessi dall’Italia.
Tutti questi episodi dimostrano come degli
Italiani, in virtù delle loro scelte erano schierati a fianco degli alleati che
combattevano la coalizione hitleriana, oppure erano inquadrati in formazioni
tedesche con addosso uniformi tedesche, oppure avevano seguito Mussolini nella
scelta repubblicana del fascismo post regime.
Appare quanto
mai evidente che il binomio “ribelle” o “bandito” o “patriota” (che oggi si
racchiude in una parola unica coniata nei suoi significati attuali nel
dopoguerra, “partigiano”) e “repubblichino” o “fascista” “ o “ragazzi di Salò” per indicare color che rimasero fedeli
al fascismo “ movimento” e fascismo “regime”, o fedeli alla vecchia alleanza
con la Germania per loro scelta, è quanto mai riduttivo e soprattutto
forviante.
Si sono
affastellate negli ultimi varie interpretazioni degli eventi che stanno
cancellando oggi fatti ed eventi che non sono in linea con queste
interpretazioni. Quella più evidente è il sillogisma discendente dalla
appropriazione integrale del Partito Comunista Italiano di quello che è stato
il fenomeno della “Resistenza”, ovvero della lotta condotta contro tedeschi e
fascisti nei territori centrosettentrionali dell’Italia sotto occupazione
germanica. Questa appropiazione, che in pratica significava escludere tutte le
altre componenti democratiche della resistenza ha portato alla cancellazione
della “Resistenza” in virtù del principio “quando una parte si impossessa del
tutto, il tutto scompare” Ed infatti oggi la Resistenza è sinonimo di parte,
“di comunismo”. Scomparsa la Unione Sovietica nel 1989, scomparsi i
partiti comunisti, scomparso il comunismo, ecco quindi che scompare anche la
“Resistenza”, essendo questa emanazione (erronea) del comunismo.
Altra
affastellazione il progressivo recupero dei fascisti, soprattutto di fronte a
se stessi della realtà: la
responsabilità di una seconda guerra mondiale
condotta dall’Italia in modo vergognoso, dopo che per venti anni si era
governato e proclamato le virtu guerriere del fascismo; 39 mesi di sconfitte,
che portarono anche al disprezzo anche manifesto dell’alleato germanico; la
tragedia del 25 luglio, dove i Gerarchi del Gran Consiglio del Fascismo
decretano la fine del “ regime, consegnano Mussolini al Re, e scompaiono, così
come scompare in tre giorni i Partito Nazionale Fascista, senza che nessuno lo
difensa; il fascismo, che si voleva
rigenerare, nella repubblica sociale, che si traduce in un altro fallimento il
cui epilogo, la fuga di Mussolini e dei gerarchi da Milano, è ancora più
sintomatico, responsabili di aver trasformando l’Italia in un campo di
battaglia per eserciti stranieri, cosa che non succedeva da oltre due
secoli Di fronte a questa serie di
fallimenti, rimane infine il fatto che si collaborò allo sterminio di ebrei,
prima con Le Leggi Razziali del 1938, poi collaborando alacremente a riempire i
treni di donne vecchi e bambini verso i campi di sterminio tedeschi, in quella
che è il crimine collettivo più orrendo del novecento. I fascisti con questo pesante fardello passarono i
decenni del dopoguerra emarginati,
covando rivincite e rancori, poco meditando e riflettendo sui propri errori e
le cause delle loro disfatte. I partiti usciti dalla guerra governarono l’Italia
ma via via, scomparsi i capi storici persero la loro idealità nata nel 1943-
1945 e via via si fecero penetrare ed infiltrare dalla corruzione e
dall’antistato (mafia, camorra, ed altro) che li disintegrarono venendo meno
agli ideali, alla moralità ed all’etica che li aveva ispirati al momento della
loro ricostituzione nel 1942-1943.
La
disintegrazione dei partiti nati nella Guerra di Liberazione ha lasciato spazio
all’avvento di una classe politica sempre più distante da probità, coerenza e
serietà, in cui prevale a governare solo un terzo di essa, in una alternanza
che lascia sempre sperare in qualcosa di accettabile ma che in realtà porta
solo a delusioni e nuove speranze, ma con il risultato di constatare un
impoverimento, dall’inizio del nuovo secolo, sempre crescente, in una crisi
economica e finanziaria che non si riesce né ad affrontare n ad arrestare.
In questo
contesto gli ideali generati e praticati della Guerra di Liberazione sono
evaporati ed oggi siamo, in un populismo crescente come all’inizio del 1943,
quando si era persa ogni fiducia nella classe dirigente, la situazione
presentava prospettive quanto mai allarmanti e soluzioni possibili non
palesamente individuabili.
Quelle che poi
andarono a realizzarsi furono tali che ogni italiano, crollando ogni cosa, fu
chiamato ad affrontarle personalmente. Se il sistema non è in grado di
risolvere le crisi occorre cambiare il sistema, tenendo presente che, qualsiasi
classe dirigente deve tenere presente che non ha nessun potere, perché il
potere, come il passato dimostra, appartiene al popolo. Ed il popolo è composto
da ogni singolo individuo che è chiamato a contribuire alla scelta.
Come
all’indomani della crisi armistiziale: ognuno fu chiamato a fare la propria
scelta, e a subirne le conseguenze.
E’,
per gli italiani tutti, il momento delle scelte:
. Chi rimane
fedele al “Ventennio”
. Chi abiura il
Fascismo e sceglie il Nazismo (Soldati del Reich/SS It).
. Chi è deluso
di tutto e di tutti e si chiude in una indifferenza
assoluta.
. Chi si
sottrae alla politica ed alla guerra per vedere gli sviluppi
. Chi lascia
agli Alleati il compito di liberare l’Italia (opportunisti).- . . Chi cerca di approfittare della
situazione (profittatori, criminali).
. Chi decide di
impegnarsi e combattere e collabora con gli Alleati, per un Italia diversa (combattenti in
Italia e all’estero).
. Chi prende le
armi e si riunisce in bande ( Ribelli/ Patrioti)
. Chi non
accetta proposte e rimane in prigionia ( Internati)
. Chi,
prigioniero, collabora. (Prigionieri di Guerra)
. Chi non
accetta questo stato di cose e soccombe a se stesso, suicindandosi
I fronti individuati sono i seguenti:
Quello del Sud, (I Fronte) dell'Italia libera, ove gli Alleati tengono il fronte e
permettono al Governo del Re d'Italia di esercitare le sue prerogative, seppure
con limitazioni anche naturali per esigenze belliche. Appena queste esigenze
vengono meno, i vari territori liberati vengono restituiti alla amministrazione
regia. Sarà la condizione dell’Italia, in forme sempre meno marcate fino al 10
febbraio 1947, data della firma del Trattato di Pace con le Nazioni Unite. Il Governo del Re è il Governo legittimo
d'Italia che gli tutte le Nazioni Unite, con capofila l'URSS che fu la prima a
stabilire rapporti exstraarmistiziali con il Regno del Sud, riconoscono.
Quello del Nord, (II Fronte),
dell'Italia occupata dalla Germania, con i territori che sono sotto il diretto
controllo del Reich (in cui sono state annesse l’Alto Adige ed in Friuli
Venezia Giulia) che dispone senza alcun
limite a seconda dei suoi interessi. Qui il fronte è clandestino e la lotta
politica è condotta dal C.L.N., composti questi dai risorti partiti
antifascisti. E' il grande movimento partigiano dei nord Italia, che sarà
guidato dal CLNAI.
Quello della Resistenza degli Internati
Militari Italiani, (III Fronte) ovvero dei soldati italiani, rastrellati e
internati in Germania nei mesi di settembre ed ottobre 1943 a seguito della
reazione germanica alla nostra firma armistiziale, nonostante gli inviti e le
offerte di aderire alla coalizione hitleriana, opposero un deciso rifiuto di aderire alla
Germania ed alla Repubblica Sociale Italiana, che, nei fatti, fu delegittimata.
Quello della Resistenza dei militari
italiani all'estero, (IV Fronte)
Soldati che, trovatesi isolati all’estero dalle vicende armistiziali, tentarono
di sottrarsi alla cattura germanica e in gran parte entrarono nei movimenti di
resistenza locali. Era un fronte questo non conosciuto, dimenticato, caduto
nell'oblio nell’oblio fino agli inizi delgi anni ‘90. E' la lotta dei nostri
soldati che si sono inseriti nelle formazioni
partigiane locali per condurre, in nome della liberta e della democrazia e di
un futuro migliore per tutti la lotta ai tedeschi, sopratutto in Jugoslavia, in
Grecia, in Albania. E’ l’afflatto
europeistico della lotta di liberazione.
L’ultimo fronte è quello della Prigionia
Militare Italiana della seconda guerra mondiale. (V) Fronte) Nei 39 mesi di guerra le vicende non certo fortunate
delle armi italiane portarono a lasciare nelle mani ei nostri nemici centinaia
di migliaia di soldati, come prigionieri di guerra, tutelati e trattati secondo
la convenzione di Ginevra del 1929. Al momento dell’armistizio la loro sorte fu
ibrida: anziché essere restituiti all’Italia furono trattenuti dai loro
detentori e attraverso vicissitudini, alcune drammatiche, si inserirono
indirettamente nello sforzo contro la coalizione hitleriana come cobelligeranti, cooperatori, alleati.
Una vicenda completamente dimenticata, ma che deve essere inserita nella Guerra
di Liberazione come lotta indiretta e soprattutto per il retaggio di democrazia
e di libertà che questi uomini portarono al loro rientro in Patria e che sarà
uno degli elementi connettivi della ricostruzione del dilaniato tessuto sociale
italiano.
Se dal piano
generale si scende su quello individuale, allora la Guerra di Liberazione ha
una ulteriore più vasto profilo.
Il singolo
militare, il singolo cittadino atto alle armi, ma anche tutto il resto della
popolazione, gli anziani, i bambini, le donne, parteciparono volenti o nolenti
alla guerra, che fu combattuta in tutte le contrade d’Italia, nessuna esclusa.
Fu una partecipazione imposta, a cui nessuno si potè sottrarsi ed è per questo
che assunse il carattere popolare e che per questo ha inciso ed incide così
profondamente nel tessuto sociale della Nazione.
Fu una
partecipazione, diretta o indiretta, che assunse aspetti diversissimi. Una
partecipazione che si esplicò per varie vie, spesso seguendo scelte le più
disparate: chi come rifiuto di consegnarsi ai tedeschi; chi, catturato, finì
nei campi di concentramento in
Germania e in Polonia; chi entrò nelle file
partigiane e prese le armi; chi rientrò in Italia del Sud e nella
stragrande maggioranza entrò nelle file dell'Esercito
dei Re; chi visse, senza cedere, sui monti in Italia e all'Estero per non consegnarsi ai tedeschi e non
collaborare, chi nei campi di Prigionia degli ex-Nemici, ora Alleati, accettò
di collaborare in nome del contributo che l'Italia doveva dare per un domani
migliore, chi subendo le privazioni, le miserie, le violenze dell’occupante,
chi chinando il capo non avendo forza, coraggio ed armi per reagire, chi
cercando solo di sopravvivere alle situazioni le più difficili in
quell’attendismo più morale che materiale che in molte circostanze non era
altro che l’espressione della profonda delusione e disillusione che la classe
dirigente fino allora al potere aveva generato con le proprie scelte e i propri
comportamenti.
E’ La guerra degli Italiani, del 1943- 1945,
che non è una guerra civile, in quanto anche combattuta con nemici invasori, ma
con caratteristiche precise
. Si è
volontari, nessuna autorità chiama a combattere.
. Vi è solo
rischio.
. Non vi è dichiarazione di guerra
. Non si conclude con un armistizio o con
il trattato di pace
. Il compenso: solo la speranza di un
Italia migliore.
A tutti i fronti della Guerra di Liberazione
si accede perchè volontari. Significativo che nella Repubblica Sociale Italiana
continua la chiamata alle armi, con la cartolina precetto, che fu una delle
manifestazioni indirette di adesione alla Guerra di Liberazione con il rifiuto
e l’andata in montagna di centinaia di giovani che irrobustirono notevolmente
il fronte del nord alimentando il movimento partigiano. Nella Guerra di
Liberazione si hanno diverse figure giuridiche come il ribelle, il bandito, il
perseguitato, il deportato, il rastrellato, il patriota, il prigioniero,
l'internato, l'ostaggio, oltre che il soldato, tutte figure che si delineano a
seconda del fronte con cui si combatte.
Pur nella varietà delle
esperienze, pur nella diversificazione dei “fronti”, la Guerra di Liberazione
rimane una guerra Unitaria. Nonostante ogni sforzo nazifascista di dividere e
mettere le sue componenti l’un contro l’altra, la Guerra di Liberazione fu una
guerra unitaria ed il “fronte” rimase unitario, nella volontà ferma di
sconfiggere la coalizione hitleriana.
Chi si impegnò, come diceva
Luciano Bolis, portò il proprio "granello di sabbia". Ognuno nella
diversità di grado ma non di natura, diede il suo contributo, il suo “granello
di sabbia”, su fronti diversi, affinché si realizzasse una Italia diversa da
quella della prima metà del novecento.
Una guerra, quella di
Liberazione, che non può non conoscere il suo nemico, la coalizione
hitleriana. Un approccio che non può
dimenticare coloro che, in Italia,
rimasero fedeli alla vecchia Alleanza, che si ritrovarono a combattere o
nelle fila delle Forze Armate e delle Organizzazioni tedesche oppure a militare
nella Repubblica Sociale Italiana. Non un revisionismo, non un mascherato
ritorno al fascismo o al neo fascismo, non una adesione a forme più o meno
velate di negazionismi, ma una volontà di conoscere il perché tanti uomini,
interi popoli, commissero efferatezze e violenze contro altri uomini ed altri
popoli, che mai nella recente storia umana in un Europa che si considerava
civile, cristiana, e culturalmente avanzata, si erano palesati e che
rappresenta una delle macchie nere del secolo appena passato. Un fascismo gia
di movimento, già di regime, e quindi repubblicano e sociale, che in oltre
venticinque anni di potere incise sulla storia d’Italia, senza mai essere
chiamato a rispondere delle sue scelte e dei suoi comportamenti, generando un
passato che non passa, con la reale prospettiva di ripetere gli stessi errori e
generare tragedie che furono la maledizione dei nostri padri.
Dopo quanto detto, possiamo
collocare gli episodi che sopra abbiamo riportato ad un preciso fronte della
Guerra di Liberazione
. Il
ten. col. Zignani e il col. Raucci: fucilati
il 17 novembre 1943 ad Elbassan in Albania dai tedeschi, in uniforme con le
stellette al bavero, perché a capo di unità combattenti del C.I.T.a.M. ((III Fronte)
.
197 Sottotenenti giurano fedeltà al Re ed alla Patria nel campo di
concentramento tedesco di Darlan in Polonia il 23 novembre 1943 (IV Fronte)
. Le
I.S.U. lavorano, nel gen. 1944, 24 ore
al giorno con turni di 8 ore al porto di Boston per alimentare il Corpo di
Armata Americano che sbarcherà in Normandia
(V Fronte)
. Il
gen. Raffaele Cadorna è al comando del Corpo Volontari della Libertà nel Nord
Italia riconosciuto da tutte le forze “ribelli” operanti (II Fronte)
. Il
I Raggruppamento Motorizzato attacca sulla stretta di Mignano Montelungo l’8 e
il 16 dicembre 1916 inquadrato nella 36 Divisione Texas USA(I Fronte)
.Mussolini,
capo della Repubblica Sociale Italiana, proclama nel 1944 la socializzazione (Coalizione
Hitleriana)
. Il
cap. dei Carabinieri Reali Pezzella a capo della compagnia di Reali
Carabinieri svolge compiti di polizia
militare sulla testa di ponte di Anzio dal 22 gennaio al 25 maggio 1944, in
sostituzione delle Polizie militari britanniche e statunitensi; con lui
artiglieri e genieri italiani “ccoperatori” sono sulla medesima testa di ponte (I Fronte)
. La
Divisione “Garibaldi”, ex divisione 2Venezia” e altre unità italiane composta
da unità alpine combatte in Montenegro (Zavattaro-Ardizi) (III Fronte)
. La
Balkan Air Force composta totalmente da personale militare italiano con
basi nelle Puglie rifornisce le unità
jugoslave per conto degli Alleati (I Fronte)
. Il
fronte militare clandestino di Roma (gen. Bentivegna)con la sua attività
informativa salva dalla distruzione la
testa di ponte alleata di Anzio (II
Fronte)
. 4000 Italiani in uniforme tedesca (Whermach)
difendono Praga nell’aprile 1945 (Coalizione Hitleriana)
.Le
Divisioni Friuli e Cremona liberano la Corsica dall’8 al 21 settembre 1943 e consegnano l’Isola alle forze Francesi
sopraggiunte
Hanno
oltre 700 morti e 100 feriti (I
Fronte)
. La
Divisone Perugia rimane in armi (oltre 10.000 uomini) nell’area di Santi
Quaranta fino al 3 ottobre 1943, 8 giorni dopo la resa della Divisone acqui, In
attesa dell’arrivo dei soccorsi promessi dall’Italia. (III Fronte)
La Guerra di Liberazione 1943
– 1945 che comprende lo scontro ideologico tra fascismo e comunismo, le due
fallite e fallimentari ideologie del novecento che provocarono milioni di
morti, che comprende il tradizionale predominio violento ed occupatore tedesco
in Italia, prima con l’Austria Ungheria e, scomparsa questa, con La Germania, a
cui ci si oppose con il primo Risorgimento (1849 – 1918) e poi, secondo
Risorgimento, con l’opposizione armata e non (1943-1945), che comprende la
grande volontà di attuare i principi della Costituzione della Repubblica Romana
del 1849, che rappresenta la matrice per avere una Nazione italiana monda da
concetti ormai superati in grado di dare una prospettiva nuova, una idealità,
una prosperità e una prospettiva per le future generazioni accettabili e quindi
creare un Stato libero, partecipativo in cui tutti possono riconoscersi.
Se la Guerra di Liberazione
del 1943 - 1945 è tutto questo può rappresentare un filone di ricerca, almeno
per gli aspetti limitati al caso italiano, che permette di riportare alla luce
tanti episodi ormai avvolti nel buio, ed avviare un dibattito che possa
contribuire a superare il momento difficile che si sta attraversando.