Atto Costitutivo e Statuto della Associazione

L'Atto Costitutivo, lo Statuto della Associazione, la Scheda di Adesione sono pubblicati sotto la data del 2 febbraio 2013 di questo Blog

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lunedì 25 maggio 2020

Da Grifo Arciere, Custode Massimo Iacopi. Ricette



Anche per questo mese di dicembre, il nostro bravissimo confratello poeta, Nicola ZITELLI da OSTIA, nonostante il forzato periodo di convalescenza e di quarantena forzata, ci ha inviato il suo consueto apporto di sonetti romaneschi che, secondo una prassi ormai consolidata, mi sono permesso di scegliere e commentare, per facilitarne la comprensione per i nostri confratelli, settentrionali e meridionali, meno assidui con la lingua di Trilussa. Ecco di seguito i sonetti di questo mese:


- “ZAMPETTI DE MAIALE A LA ROMANA” Con questo sonetto caudato (un sonetto classico a rima ABBA, ABBA, CDC, EDE più una terzina a rima EFF), il nostro confratello torna a cimentarsi nel campo di uno dei suoi soggetti preferiti della cultura popolare romana, quello enogastronomico. Nello specifico, il sonetto ci parla di un piatto popolare romano, quello degli Zampetti di maiale alla romana.

Se qualcuno, con la “puzza al naso”, ti dice che questa ricetta è superata, non dargli ascolto perché è solo una fanfaronata: basta solo non farci caso. Ti conviene fare come San Tommaso e parlare solo quando l’hai provata: vedrai che si tratta di una ricetta prelibata che, più ne mangi e più te ne convinci. Pulisci bene due zampetti di maiale e mettili a bollire per un paio d’ore, con grani di pepe nero, alloro e sale. Disossa la polpa e metti da parte la cotenna, tenera come il burro e con un sapore che con olio ed aceto diventa una cosa stupenda. Non ti serve una penna per ricordare o … un nodo al fazzoletto, perché questa specialità è più antica e facile come il brodetto.

- “PUNTARELLE” Con questo sonetto classico (rima ABBA, ABBA, CDC, EDE), il nostro poeta ci fornisce la ricetta di un ulteriore piatto tradizionale della cucina popolare romana: quello delle Puntarelle.

Si tratta solamente di cicorione e chi è romano ci si impegna per fare le puntarelle: solo costine, bianche e croccanti, perché gli viene tolto, a mano, il verde dalla foglia. Queste vengono quindi messe a bagno nel lavandino, tagliate in quattro, a croce, a listarelle e, come queste si arricciano come girelle, gli viene spremuta l’acqua con un asciugamano. Poi, pesta aglio ed alici nel mortaio, fanne un miscuglio, una ghiotta marinata con un goccio d’olio, aceto, pepe e sale. E così, di “punto in bianco”, questa pietanza, condita e ricoperta con una patina di salsetta, entra di prepotenza nella storia.

- “GARGAROZZONI (Avidi, Ingordi)”. Con questo sonetto classico (rima ABBA, ABBA, CDC, EDE), il nostro non perde l’occasione di fare della satira politica e di colpire, senza esclusioni, la classe politica, mettendone in evidenza la prevalente tendenza all’avidità ed all’ingordigia.

Gli puoi dire truffatore e bandito, tanto questi “zozzoni” non gliene importa nulla: a colui che pratica l’arte del furto non saresti neanche in grado di fargli venire il rossore in volto; per contro a chi ha ancora il senso dell’onore, quest’offesa suona peggio di uno schiaffo che gli farebbe bloccare in bocca la voglia di fare il falso o il … senatore. E questi ingordi fanno finta di non vedere quanta povera gente stringe sempre di più la loro cintura ed un giorno gli stessi avidi, se gliene venisse la tentazione, sarebbero persino capaci di tappezzare le loro poltrone con la “pellaccia” del contribuente;

- “PACCOTTIJA E FUFFA”. Il nostro confratello, con questo ulteriore sonetto caudato (un sonetto classico a rima ABBA, ABBA, CDC, EDE più una terzina a rima EFF), se la prende, senza peraltro nominarlo, con un noto personaggio del nostro attuale firmamento politico, che opera spavaldamente in un ambiente di Ciarpame ed Imbrogli.

In qualsiasi Paese di questo mondo (per non parlare del mondo mussulmano) gli avrebbero già tagliato le mani o il collo e la testa … a tutto tondo. C’è da chiedersi, da quale bassofondo sono andati a raccogliere un sacrestano, allo stesso tempo calamitoso e ciarlatano: il più tonto di tutto il mappamondo. Qualcuno la chiama professore o, forse, da megalomane, ci si chiama da solo, per darsi un’aria di … superiorità. In questo contesto, l’Europa, nata da una truffa, oggi ci ha dato la dimostrazione di essere un insieme di Ciarpame ed Imbrogli. Il cieco non canta mica per nulla: chissà quanto è fruttato sottobanco il tradimento al popolo italiano.

- “BISOMMINI”. Il nostro poeta si ripromette con questo sonetto classico (rima ABBA, ABBA, CDC, EDE), di fare un omaggio ai suoi concittadini, reagendo alla denigratoria campagna di stampa che, recentemente ha presentato la città di Ostia come il covo delle mafie.

Sono solo 70 anni che mi trovo qui, vivendo in questa città con soddisfazione e con la convinzione che gli Ostiensi siano gente per bene … di prima categoria e non si fanno di certo “infinocchiare” dalle fandonie o dalle false sceneggiate di quattro “scribacchini” a pagamento che non sanno neanche di che cosa stanno … a parlare; gente che ha visto Ostia in cartolina e si permette di sputare sentenze, pagate a quattro soldi alla dozzina; ma questi personaggi, più che “pennaroli” sono dei Caini, col pelo sul cuore e sulla coscienza, che sparano nel mucchio … per quattrini;

- “LI FIJI DE L’OCA BIANCA”. Con questo sonetto classico (rima ABBA, ABBA, CDC, EDE), il nostro Nicola rende omaggio ad un’Associazione Benemerita culturale romana, il Centro Romanesco Trilussa, che da anni mantiene viva la fiamma della tradizione, della poesia e della prosa in “romana lingua”.

A Roma l’antico Teatro dei Comici è separato da una porta da un pensatoio in mezzo alla città: una ventata di romanità in mezzo a libri e carte, dove il dialetto si trasforma in arte. Il Centro Romanesco Trilussa può vantare una caterva di celebrità, una cerchia ristretta (“fiji de l’oca bianca”), un mondo a parte. Quando Giorgio Roberti, il fondatore, l’ha impostato con i massimi sapienti (“cacamme”) della rima, magari era proprio così che l’aveva sognato, poiché al Centro, per chissà quale alchimia, come mi sembra di aver detto sopra, il dialetto si veste di poesia;

- “ETERNITA’”. Con questa poesia in sestine (rima ABBACC), il nostro confratello offre uno spunto di meditazione su un concetto legato alla nostra esistenza, difficile da “inquadrare” nelle nostre categorie del pensiero: l’Eternità.

Eternità vuol dire … mica lo so. Vuol dire senza principio e senza fine, cioè una cosa che non ha confine, che per certo non può essere misurata. Sarà già antica quanto … Dio lo sa, ma non soffre la mortalità. Ci si è intestardita la filosofia: da Platone a sant’Agostino, da Aristotele a Tommaso d’Aquino, per non parlare della Massoneria … e più credevano di averla in pugno più si accorgevano di “sbatterci il muso” (senza successo). I millenni sono polvere al confronto: alla fine del tempo … c’é altrettanto, ma non si riesce a pensarlo tutto quanto … L’eternità non tiene certamente il conto e neanche si capisce come concetto, perché un concetto ha delle fondamenta, mentre invece, a pensare all’eternità, per quanto grande la si possa rappresentare, non appoggiando su basi certe, non si sa da che parte incominciare: allora dico tutto e … non dico nulla, perché non ci ho capito nulla !!!

- “UN GRAMMO DE CERVELLO”. Con questo delicato sonetto classico (rima ABBA, ABBA, CDC, EDE), ci viene offerto uno spunto di meditazione, tratto da una simpatica esperienza autobiografica.
 Un passerotto, tutte le mattine, si accosta al tavolino del caffè: io fischio, lui zompetta e viene da me, per beccare alcune briciole di dolcetti. Ci viene spedito, senza fare moine: mi riconosce come un cliente assiduo che gli prepara molliche di “bigné”, senza pretendere troppe cerimonie. Un uccelletto: un grammo di cervello che gli è sufficiente per farci tutto quanto … per questo mi ci esaspero e mi arrovello di fronte a tanta gente, con un cervellone mille volte tanto, che non gli serve neanche ad un accidente !!!

- “ABBRUZZO”. Con questa dotta e delicata poesia in sestine (rima ABABCC), il nostro confratello ci dimostra come è possibile, con la sua ars poetica, coniugare, in rima, cultura, tecnica e sentimento. Il tema rappresentato è l’Abruzzo con i suoi paesaggi e la … transumanza.

Sono salite quassù da Barisciano, sotto il Gran Sasso, le bianche greggi di pecore “pagliarole”, un passo dopo l’altro, a poco a poco, brucando l’erba fra le mammole e le viole. Le groppe delle greggi, a saliscendi, sembrano come un’onda che, sul monte, risale e risprofonda. Fra gli aghi di ginepro e del biancospino, la lanuggine delle pecore, strappata dalle spine della bardana (Lappa), al pari dei sassolini di Pollicino, punteggiano il cammino, tappa per tappa e sotto il sole sembra argentata, poiché il vento pensa a farla tremolare. Ma quando, in autunno, le ombre del monte tendono ad allungarsi, l’acero si veste di rosso, il faggio si veste d’oro e, senza la forza del sole di agosto (le moresche di Fetonte), l’erba non è più sufficiente ad alimentare il gregge; a quel punto si scende dal monte per allontanarlo dall’inverno, alla volta dei tratturi che conducono ai pascoli invernali, come quello della valle dell’Aterno. Ecco dunque che il pecoraro, mentre si assesta il mantello,  emette il suo tipico fischio doppio, in modo che il cane possa radunare il gregge, che si disperde trotterellando: quel cane maremmano ombroso, in mezzo al gregge, che quando si intestardisce non si regge. Quando il freddo dell’inverno mette in fila uomini e bestie verso il mare, dove il pascolare diventa meno avaro, in questa regione ricomincia un sonno secolare … solo la notte è attraversata dal lamento dei lupi che “mettono in musica” il vento.

- “A OGNUNO L’ARTE SUA …”. Questo sonetto classico (rima ABAB, ABAB, CDC, EDE) conclude il contributo del nostro confratello Nicola che, con grande simpatia ed altrettanta ironia, ha voluto esprimere un canto alla gioia di vivere ed al sapersi contentare di quello che la vita ti offre.

Mi sarebbe piaciuto fare il pittore, perché sei bella e ti avrei dipinto … Peccato: non sono neanche uno scultore, poiché nel marmo ti avrei modellato, o un poeta, fine dicitore: ti avrei dedicato un sonetto … o magari, persino, un cantautore e ti avrei cantato una canzone. Ma, se la cosa ti può fare piacere, ti faccio una proposta “malandrina”: io per mestiere faccio il “trombettiere” … Non è probabilmente un mestiere blasonato, che permette di procurarsi il superfluo … però il divertimento è assicurato !!!

Anche questo mese, a conclusione della presentazione delle poesie e dei sonetti del nostro confratello Nicola, mi sento, come al solito, obbligato a rinnovare, a nome vostro e mio personale, i più affettuosi sentimenti di sincera ammirazione e di gratitudine per il suo consueto, generoso, prezioso apporto mensile. Ma non posso mancare di trasmettere al nostro valoroso confratello gli auguri e gli auspici più affettuosi per un pronto ristabilimento, dopo il recente intervento chirurgico subito.



Anche in questo periodo, il Vostro Reggente ha avuto il piacere di pubblicare alcuni saggi, sulla:


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