Atto Costitutivo e Statuto della Associazione

L'Atto Costitutivo, lo Statuto della Associazione, la Scheda di Adesione sono pubblicati sotto la data del 2 febbraio 2013 di questo Blog

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domenica 21 dicembre 2014



A Tutti i "Seniores"
i più siceri  AUGURI di un sereno Natale 
e
un Anno Nuovo denso di realizzazioni

martedì 9 dicembre 2014

CORAZZI, Domenico (1835-1884)

ricerca a cura di Adele Pizzullo

Nacque ad Anagni nel 1835, Maggiore del I Artiglieria, partecipò all'assedio di Capua e nel 1866 alla battaglia di Custoza dove meritò una medaglia d'argento al V.M., quale capitano di batteria della 16^ divisione comandata da Umberto di Savoia.
Come molti altri militari di quel periodo anche lui si dedicò alla carriera parlamentare.
Nei primi mesi del 1883 una forte crisi economica imponeva molti tagli ai costi del nuovo Stato Italiano per non aggravare una situazione che si delineava assai delicata, allora, come oggi, si pensava che fosse opportuno intervenire nel bilancio dell’Esercito Italiano, colpendo in primis quelle strutture come le Scuole Militari pre-Accademie, tra l’altro non ritenute molto necessarie dagli stessi comandi militari: la Nunziatella di Napoli, il Collegio di orfani dei militari della Teulié di Milano, il Collegio militare di Firenze erano perciò destinate al loro scioglimento e quindi alla loro chiusura. Dopo interventi autorevoli di membri del Parlamento Italiano, venne citato da più parti quello determinante dell’On. Domenico Corazzi, il quale, il 16 febbraio del 1883, fece un discorso vibrante e appassionato in cui denunciò come la formazione e l’educazione dei giovani "più giovani"  per la crescita dei valori della nuova società civile di quegli anni fosse uno dei principi fondativi di uno "Stato Moderno". Anzi, proprio la Capitale d’Italia, Roma, doveva essere la culla di una vera e grande Scuola e per questo auspicava la fondazione di un "Collegio Militare di Roma".
Egli fu quindi uno dei più grandi sostenitori della fondazione del collegio Militare di Roma a Palazzo Salviati.
Domenico Corazzi morì per malattia verso la fine di luglio del 1884 nell’Ospedale di S. Spirito, proprio a due passi da Palazzo Salviati, e le sue spoglie furono tumulate il giorno 29 nel cimitero monumentale del Verano nel riquadro 20, fila 26, coppia 14.
 

                                
MOCENNI, Stanislao  (1837 – 1907)

ricerca a cura di Adele Pizzullo

Nacque a Siena da Alessandro e da Caterina Landi il 21 marzo 1837. Govanissimo intraprese la carriera militare e divenne ufficiale dell'esercito del Granducato di Toscana. Passato nel 1860 in quello italiano, si distinse nella repressione del brigantaggio nell'Italia meridionale. Nel 1871 ritornò infine formalmente al comando superiore del corpo di stato maggiore e fu inviato in Germania come addetto militare: posizione che occupò per più di due anni. Al suo ritorno in patria fu promosso tenente colonnello e inviato al comando del neoistituito Collegio militare di Firenze. Nel novembre dello stesso anno, in elezioni politicamente importanti, il partito monarchico senese si trovava senza candidato e propose all’ufficiale, ormai distintosi a livello nazionale e con alle spalle persino incarichi internazionali, di rappresentarlo: il M. risultò eletto, trentasettenne. Era ormai militare e deputato.Nel 1876  fu nominato aiutante di campo onorario di Sua Maestà. Come deputato fu rappresentante del collegio di Siena dalla XII alla XX, ossia dal 1874 al 1900.
L’orientamento politico dei suoi discorsi e delle sue votazioni fu costantemente ministeriale, conservatore,
anche in Parlamento mantenne quindi il profilo del «tecnico», dell’uomo delle istituzioni e della burocrazia. Egli non teneva a mettersi particolarmente in evidenza: sapeva di non essere un militare intellettuale , né un comandane di truppe, né ancora un soldato «politico». Eppure, da un altro punto di vista, nel pieno dei suoi circa cinquant’anni, la posizione da lui raggiunta testimoniava che quello che era stato il giovane ufficiale toscano si era ormai pienamente integrato nel cuore dell’amministrazione militare e, quindi, dello Stato nazionale. Non a caso la sua carriera militare procedeva senza scosse, mentre si susseguivano gli incarichi presso l’amministrazione centrale: era un militare di uffici più che di piazze d’armi. Da colonnello svolse il periodo di comando a Roma, presso il 31° reggimento fanteria, per tornare poi allo stato maggiore a dirigere l’ufficio coloniale.
Fu nominato generale il 15 dicembre 1883, e nello stesso anno fu uno dei sostenitori a Montecitorio della proposta di istituire il Collegio Militare nella capitale.
Il 15 dic. 1893 su proposta del  presidente del Consiglio designato da Umberto I, Francesco Crispi, assunse l'incarico di Ministro della Guerra fino al 1896. Fu lui a proporre al consiglio dei ministri l'invio di truppe in Africa per la Battaglia di Adua e dovette dimettersi col governo Crispi a seguito proprio del tragico fallimento di tale impresa.
In risposta a un’accusa di «mentitore» ricevuta in Parlamento da S. Barzilai, affrontò il suo accusatore a duello il 23 marzo 1896: ne uscirono ambedue feriti. Per punizione , il generale fu posto prima a disposizione e poi in disponibilità. A quel punto la sua carriera militare era troncata, anche se localmente egli ottenne di essere rieletto al Parlamento il 21 marzo 1897, senza che nessuno ne proponesse la nomina a senatore. Il 9 agosto 1898 fu quindi posto in posizione di servizio ausiliario e il 1° novembre 1901 passò a riposo definitivo.
Trascorse gli ultimi anni a Siena, dove morì il 21 marzo 1907.


OBOLO DI SAN PIETRO

ricerca a cura di Adele Pizzullo


Si Chiama Obolo di San Pietro l’aiuto economico che i fedeli offrono al Santo Padre, come segno di adesione alla sollecitudine del Successore di Pietro per le molteplici necessità della Chiesa universale e per le opere di carità in favore dei più bisognosi. Una pratica molto antica che arriva fino ad oggi.
Nasce con lo stesso cristianesimo la pratica di sostenere materialmente coloro che hanno la missione di annunciare il Vangelo, perché possano impegnarsi interamente nel loro ministero, prendendosi anche cura dei più bisognosi (cfr. Atti degli Apostoli 4,34; 11,29).
Alla fine del secolo VIII, gli anglosassoni, dopo la loro conversione, si sentirono tanto legati al Vescovo di Roma, che decisero di inviare in maniera stabile un contributo annuale al Santo Padre. Così nacque il “Denarius Sancti Petri” (Elemosina a San Pietro), che ben presto si diffuse nei Paesi europei.
Questa, come altre pratiche analoghe, passò attraverso molte e diverse vicissitudini nel corso dei secoli, fino a quando fu benedetta dal Papa Pio IX, con l’Enciclica Saepe venerabilis del 5 agosto 1871.
Attualmente, questa colletta ha luogo in tutto il mondo cattolico, per lo più il 29 giugno o la domenica più vicina alla Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo.
Il bilancio annuale dello Stato Città del Vaticano, così come quello dell'Obolo di san Pietro viene pubblicato annualmente tramite un Comunicato del Consiglio di cardinali per lo studio dei problemi organizzativi ed economici della Santa Sede.
Il Ponte dei Fiorentini - Famiglia Celani

ricerca a cura di Adele Pizzullo


Il Ponte dei Fiorentini, o come lo chiamavano i Romani “er ponte de fero”, era una vera meraviglia dell’ingegneria di fine ottocento. Realizzato tra il 1861 e il 1863 dall' ingegnere Calvi, ufficiale del Genio pontificio, coadiuvato dall’ingegnere Montgolfier Bodin, su progetto dell’ingegnere Raffaele Canevari, fu il primo ponte sospeso costruito a Roma.
Posto tra Via Giulia, all’altezza della Chiesa di San Giovanni dei Fiorentini, da cui poi prese il nome e Via della Lungara davanti a Palazzo Salviati, era un ponte completamente sospeso sul fiume. La sua campata di ben 93 metri per cinque di larghezza non poggiava infatti su piloni posti nell’alveo del fiume ma su due piloni e due piccole campate di 10 metri posti direttamente sulle rive del Tevere. Inoltre tutti gli impianti sospesi erano realizzati in acciaio (non in ferro). Le due forti catene che correvano ai lati del ponte erano collegate tra loro da spranghe metalliche, per ridurre le oscillazioni. Il pavimento era costituito da assi di legno. Inizialmente fu adibito al trasporto di veicoli a trazione animale ma in seguito fu riservato esclusivamente al passaggio pedonale.
Il Ponte dei Fiorentini fu soprannominato il “Ponte del Soldino”: come compenso delle spese sostenute il governo pontificio concesse alla società costruttrice il diritto di riscossione di un pedaggio per 99 anni. Il pedaggio era stabilito in un soldo. Erano esclusi dal pedaggio i militari, i gendarmi in servizio e i frati mendicanti scalzi. Il giorno di Pasqua invece il transito era gratuito per tutti. Un cartello posto dalla parte della Chiesa di San Giovanni dei Fiorentini recitava: “Il pedaggio si paga all’altra sponda”. Un giorno durante una delle piene del Tevere qualcuno aggiunse: “sempre che prima non t’inghiuotta l’onda”. Il cartello fu quindi modificato: All’altra sponda si paga il pedaggio” e qualcuno aggiunse, sempre dopo un’altra piena del Tevere: “se non ti mancano i soldi e il coraggio”. Responsabili della riscossione del pedaggio furono Domenico Celani e sua moglie per quasi quaranta anni. I due passavano le loro giornate chiusi in due casotti, sulle sponde opposte del fiume, accanto alla tabella che indicava i costi. Domenico era un omone grosso e riccio di carnagione scura soprannominato
"er moro der ponte de fero". l'incasso giornaliero veniva versato all'amministrazione pontificia, a lui spettava solo un modesto stipendio mensile. Durante una aggressione da parte di un passante che non voleva pagare il pedaggio si arrivò ai coltelli e Domenico, pur non rimanendo ferito, morì in seguito allo spavento. Il posto fu preso dal figlio Fernando e da sua moglie che occuparono gli stessi due casotti dei genitori, fino a quando il pedaggio si pagò solo dal lato di Trastevere e di conseguenza il casotto divenne uno solo. Per quei tempi questo della riscossione era un lavoro sicuro e poichè la concessione che permetteva il pedaggio doveva durare fino al 1963, avrebbe assicurato lavoro almeno a tre generazioni.
Purtroppo nel 1941 il ponte fu demolito quando si realizzò Ponte Principe Amedeo, posto a circa 100 metri più a monte.
Era in perfetto stato quindi il suo acciaio fu portato nei centri di raccolta per la guerra.
Fernando e sua moglie furono avvisati della decisione pochi giorni prima della demolizione. Il dolore fu talmente forte che Fernando ne morì pochi mesi dopo.
Per la realizzazione del Ponte del soldino furono necessarie alcune demolizioni su Via della Lungara.
Venne abbattuta la chiesa dei Santi Leonardo e Romualdo, degli inizi del XIII sec. Fu demolita un’edicola dedicata a Santa Francesca Romana con un affresco in cui era raffigurato il miracolo con cui la santa aveva salvato la cognata dall’annegamento nella acque del fiume. E fu demolito Porto Leonino, si trattava di un piccolo porticciolo fatto costruire da Leone XIII nel 1827 per l’attività mercantile, che non divenne mai importante poichè l’attività commerciale continuava ad svolgersi nei due porti di Ripa e Ripetta, era costituito da una piattaforma a livello della strada collegata alla banchina da due gradinate ellittiche. La struttura era inoltre caratterizzata dalla presenza della Mostra dell’Acqua Lancisiana, una fontana rinnovata da Leone XIII ma risalente al 1720, quando Monsignor Lancisi aveva fatto arrivare dal Gianicolo un’acqua ritenuta salutare.
MORRA DI LAVRIANO E DELLA  MONTÀ, Roberto Luigi Antonio Teresio Carlo Maria  (1830-1817)
Ricerca a cura di Adele Pizzullo
Nacque a Torino il 24 dicembre 1830 da Bonaventura, conte di Lavriano e della Montà, del quale ereditò il titolo e i beni, e da Polissena Asinari di San Marzano. Fu avviato molto giovane, come d’uso nelle famiglie dell’aristocrazia piemontese, alla carriera militare, professione tradizionale della sua casata. Entrò all’Accademia militare di Torino come cadetto nel luglio 1844. Sottotenente di artiglieria nel 1848, partecipò alle campagne dell’indipendenza. Prese parte alla battaglia di Custoza del 1866 con il grado di tenente colonnello di stato maggiore e con il ruolo di aiutante di campo del principe Amedeo di Savoia, comandante della brigata Granatieri di Lombardia, e ottenne la medaglia d’argento al valor militare. 
Colonnello nel 1868, nell’autunno del 1869 fu tra gli invitati all’inaugurazione del canale di Suez. Di quell’esperienza e del viaggio di un mese in Egitto lasciò una gustosa cronaca nel suo diario (Giornale di viaggio in Egitto. Inaugurazione del canale di Suez, a cura di A. Siliotti - A. Vidal-Naquet, Verona 1995). Maggior generale nel 1877, tenente generale nel 1883, fu successivamente al comando delle divisioni territoriali di Padova, Milano e Roma, e del corpo d’armata di Napoli (dicembre 1891). Fu eletto deputato per la prima volta nel 1874, rappresentando nel corso della XII legislatura il collegio di Carmagnola; fu poi rappresentante di Avigliana (Torino) per la XV e XVI legislatura. Fu proprio durante la XV legislatura che partecipò alla seduta del  16 febbraio del 1883 con i colleghi Corazzi e Mocenni sostenendo l'opportunità della fondazione del Collegio Militare a Roma. Nel 1890 fu nominato senatore.
Fu aiutante di campo effettivo del re dal 1879 dopo esserlo stato per lunghi anni in qualità di onorario, e primo aiutante di campo onorario dall’ottobre 1900, alla fine del 1893 venne inviato a Palermo come comandante del corpo d’armata e regio commissario straordinario (incarico assunto ufficialmente nel gennaio 1894) con il compito di ripristinare l’ordine nell’isola, scossa dal violento conflitto sociale seguito alle proteste del movimento dei Fasci siciliani. Morra promulgò lo stato d’assedio in tutta la Sicilia (4 gennaio 1894) e procedette con brutalità alla repressione dei disordini e allo scioglimento del movimento dei Fasci. Dopo aver fatto arrestare i membri del comitato centrale, ordinò il fermo di centinaia di sospetti e simpatizzanti, tra contadini, intellettuali, professionisti e studenti; circa 1000 persone furono inviate al confino senza processo. Il compito di Morra in Sicilia si poté considerare concluso con le dure condanne inflitte ai promotori e ai simpatizzanti dei Fasci (che vennero definitivamente proibiti) e con il ripristino dell’ordine, sancito dalla cessazione dello stato d’assedio (agosto 1894).
A partire dal 1897, pur restando in servizio attivo, non ricoprì più incarichi di comando nell’esercito, cominciando una breve carriera di inviato plenipotenziario presso governi esteri: fu per più di due anni inviato straordinario alla corte dell’Impero russo a San Pietroburgo. Nel 1904, raggiunti i limiti di età, venne collocato a riposo, ma rivestì ancora incarichi perlopiù onorifici all’interno del Senato.
Morì a Roma il 20 marzo 1917.

lunedì 8 dicembre 2014

Palazzo Salviati. La Storia. Materiali 1943-1955


Centro Alti Studi per la Difesa
1945 -1955

Origini:
Il Centro Alti Studi  per la Difesa trae origine dal Centro Alti Studi Militari,
(Decreto Ministeriale 16 Agosto 1949).
Dipendenza diretta dal Capo di Stato Maggiore della Difesa

Compito:
Dare agli ufficiali  (colonnelli e generali) delle tre Armi  elementi di conoscenza della vita nazionale interferenti con le problematiche militari; studiare ed analizzare le tematiche relative alla preparazione militare e alla organizzazione del sistema Difesa

Struttura
Alta Direzione: Capo di Stato Maggiore della Difesa, per le sue peculiarità; si avvaleva
.di un Comitato  direttivo composto da Tre Ufficiali generali o ammiragli ( grado tre stelle);
    questo comitato di avvaleva di tre generali  ammiragli  (due/1 stella),
    e da tre relatori ( scelti tra gli ex frequentatori)

Il Centro Alti Studi Militari, ubicato a Palazzo Marina, organizzava corsi di 6 mesi;
il corso era suddiviso in tre sezioni
ogni sezione era diretta da un coadiutore, con un relatore e da un numero vario di frequentatori
I frequentatori erano scelti dai rispettivi Capi di Stato Maggiore di Forza Armata e proposti per la frequenta al capo di Stato Maggiore della Difesa.
Fra i Frequentatori potevano essere ammessi dei Civili (Funzionari dello Stato di altri amministrazioni, o esponenti del mondo industriale e della cultura.

Materie da studiare: gli argomenti erano scelti dal Capo di Stato Maggiore della Difesa

Con il decreto 10 Gennaio 1957 Il Ministro disponeva che la Presidenza fosse affidata ad un generale  a tre stelle, da avvicendare con le tre Forze Armate.

Nel 1958, fu lasciata la sede di Palazzo marina, e il centro di suddivideva in tre infrastrutture  ubicate nel Quartiere Prati:
. Via Don Giovanni Verità
. Via Romagnoli
. Via G.B. Vico

Questa sistemazione rimase fino al 1964.
Nel 1964 il Centro di riunìsce in via Goiran, al Quartiere Trionfale.

Nel 1971 il Centro si trasferì a Palazzo Salviati

         

martedì 2 dicembre 2014

Volume Palazzo Salviati. La Storia. Ricerca notizie. Volume 1870-1943. Cari AmiciCari AmiciCari AmiciCari Amici

Ricerche inessere per il volume
 Palazzo Salviati. La Storia
 Dall'Età Umbertina all'Italia Imperiale . 1870-1943.


1.
Collegio Militare. Votazioni in 20.mi. Ricerche im merito secondo la rigorma gentile (Massimo Coltrinari)

2.
Trovare Notizie su ing. Calvi, Ufficiale del genio Pontificioche costruì il ponte del soldo o del soldino nel 1863.

3.
Trovare notizie su Famiglia Celani di Roma che aveva l'appaloto per la riscossione del pedaggio. Tale pedaggio andava a beneficio dell' Obolo di San Pietro.

4.
Trovare notizie su Obolo di San Pietro, organizzazione di assistenza ancora oggi operante a Roma

5
Trovare notizie sull'Opuscolo edito in occasione del XXV anniversario della fondazione del Collegio. Tale Opuscolo è stato redatto dal Cap. Luigi Paroni Comandante della 1 compagnia allievi. Riporta foto del tenente Ernesto Hermite Disegni del Cav. Ernesto mancini professore al Colelgio Militare

6.
Trovare notizie dell'Architetto Claudio Monticelli, che redasse il progetto del Munumento alla Vittoria posto in "piazza d'armi" oggi giardino. Le pietre furono fatte giungere dal Grappa e dal Montello.

Le notizie eventualemnte trovare ed ampliate devono essere inviate a senioresiasd@libero.it

57sessione: cena per gli Auguri di Natale. Annuncio

Cari Amici

anche quest'anno, su sollecitazione di diversi di voi, ho il piacevole compito di gestire i contatti per organizzare la cena sociale del 57° corso IASD.
Anche quest'anno, per semplificare gli aspetti della partecipazione del nostro Capocorso, abbiamo deciso di ritrovarci al Circolo Villa Spada della Guardia di Finanza, che già lo scorso anno ci ha ospitato nella sua prestigiosa cornice.
Ci vedremo la sera del 4 Dicembre, con un pò di anticipo rispetto ai prevedibili numerosi impegni in prossimità delle feste natalizie.
Ciò è reso possibile dalla preziosa collaborazione di Massimo Ricciardi, che così ci darà l'opportunità di festeggiare la sua recente onoreficenza.
Vi chiedo di comunicare la Vostra disponibilità appena possibile, per aiutarci ad organizzare l'evento nel migliore dei modi.
Inoltre vi chiedo di comunicarci eventuali esigenze/intolleranze alimentari oltre ad una preferenza tra menù di pesce e di carne.
Contattate inoltre gli amici con cui siete più frequentemente in contatto per verificare che abbiano ricevuto questa comunicazione ed eventualmente inoltrate loro questa email.
Pensiamo anche quest'anno di scambiarci un pensierino per animare la serata come d'abitudine.
Un saluto affettuoso ed a presto

Auro Di Falco


martedì 18 novembre 2014

DAL PONTE, Iacopo, detto Bassano (1510-1592).
ricerca a cura di Adele Pizzullo
Figlio del pittore Francesco il Vecchio e, verosimilmente, della sua prima moglie Lucia Pizzardini, nacque a Bassano del Grappa nel 1510. La sua formazione si svolge prima presso il padre, un modesto artista, capostipite dei Bassano, originario di Gallio, e successivamente a Venezia nella bottega di Bonifacio de' Pitati. Del 1535 sono le tre tele a soggetto biblico, realizzate per il Palazzo pubblico di Bassano, dove all'influenza del maestro si unisce un'attenta resa del dato naturalistico, risentendo degli influssi di Tiziano e Lorenzo Lotto. Tra il 1535 e il 1540 si avvicina alla plasticità del Pordenone, di questo periodo sono Sansone e i filistei, oggi a Dresda, e l'Adorazione dei Magi, oggi alla Burghley House.
Dagli anni quaranta si avvicina alla pittura manieristica, soprattutto a quella di Francesco Salviati, tra il 1540 e il 1550 esegue: Martirio di santa Caterina oggi nel Museo Civico di Bassano, la Decollazione del Battista di Copenaghen, con figure affilate e affusolate inserite in una scena rarefatta, l'Andata al Calvario, dove il paesaggio è ripreso dalle incisioni tedesche, la Natività di Hampton Court e il Riposo durante la fuga in Egitto di Milano.
Nel 1546 sposò Elisabetta Merzari (+ 5 settembre 1601) dalla quale ebbe otto figli: Francesco Alessandro (3 gennaio 1547 - marzo 1547), Francesco Giambattista (7 gennaio 1549 - 2 luglio 1592), Giustina (27 dicembre 1551 - 22 luglio 1558), Giovanni Battista (4 marzo 1553 - 1613), Benedetta Marina (21 marzo 1555), Leandro (10 giugno 1557- 15 aprile 1622), Silvia Giustina (17 aprile 1560) e Girolamo (3 giugno 1566 - 8 novembre 1621). Francesco, Giambattista, Leandro e Girolamo seguiranno le orme paterne e diventeranno pittori. Anche il nipote Jacopo Apollonio divenne pittore alla scuola del nonno. Tra il 1550 e il 1560 realizzò: l'Ultima Cena della Galleria Borghese di Roma dove riprese lo stile luministico del Tintoretto.
Morì a Bassano il 13 febbraio 1592 e fu sepolto in San Francesco, dove sarebbe stato raggiunto poco dopo dal figlio Francesco.
Nel testo "Palazzo Salviati alla Lungara" è menzionato un solo quadro del maestro: una Testa di San Giovanni Battista con angelo che si trovava nella seconda anticamera accanto alla Cappella.
CASINI, Giovanni Maria
ricerca a cura di Adele Pizzullo
Giovanni Maria risulta immatricolato nell'Accademia delle arti del disegno di Firenze nel settembre 1576; ne fu provveditore negli anni 1580, 1581, 1582, e console nel 1582, 1588, 1594 e 1604. Secondo il Fineschi aveva studiato a Roffia, a spese della famiglia de' Comi. Eseguì molti quadri, perduti, per committenti privati, tra cui, secondo il Colnaghi, il ritratto di un tale Giovanni, fornaio di via S. Gallo a Firenze. Nel 1594 dipinse una Deposizione (perduta) per l'altar maggiore della chiesa di S. Salvatore a Pistoia. Il Fioravanti riferisce che la composizione derivava da un'opera di Andrea del Sarto (ma non si sa da quale delle quattro Pietà conosciute, tre delle quali sono conservate rispettivamente nella Galleria Palatina di Firenze, nella Galleria Borghese di Roma e nel Kunsthistorisches Muscum di Vienna, mentre la quarta ci è nota attraverso una incisione di Agostino Veneziano). Il quadro di Pistoia fu pagato complessivamente, comprese tela e doratura, 62 scudi.
È di Giovanni Maria l'Ambasceria di S. Antonino a papa Pio II, lunetta affrescata nel chiostro grande del convento di S. Maria Novella a Firenze; ed è l'unica sua opera pittorica sicura che sia giunta fino a noi.
Giovanni Maria fu pure commediografo e poeta. Di lui è rimasta una commedia, La Padovana, in un prologo, cinque atti e sei intermezzi; la Biblioteca Vaticana ne conserva il manoscritto (Barb. lat. 3752), codice cartaceo di go facce, con lettera dedicatoria, datata 21 genn. 1583, a Federico Zuccari, chiamato "patron mio oss.mo". Essa fu recitata in casa di Sigismondo de' Rossi conte di Sansecondo il 6 febbraio dello stesso anno. È un testo piacevole nell'intreccio, che si rifà ai temi consueti dei travestimenti e relativi riconoscimenti finali, ripresi dal teatro antico, inserendovi però gustosi "caratteri" che si esprimono in un vernacolo colorito; il frequente riferimento a località del contado toscano contribuisce a conferire vivezza all'insieme, il quale, poi, si rivela chiaramente opera di un pittore, non fosse altro per il prologo, che è tutta un'esaltazione della pittura: l'arte per eccellenza, che include in sé tutte le altre.
Morì il 25 novembre 1617, l'anno in cui la Padovana veniva data alle stampe a Firenze, presso Cosimo Giunti con presentazione dei figli Valore e Domenico.
Nel testo "Palazzo Salviati alla Lungara" sono menzionati tre quadri del pittore: due Puttini in piedi collocati nella prima anticamera verso strada e un Ritratto di Monsignor Lorenzo Salviati che si trovava nella stanza del Camino.
NALDINI,  Giovambattista (Giovanbattista, Giovanni Battista), detto Battista degli Innocenti. 
ricerca a cura di Adele Pizzullo
Figlio di Matteo, calzolaio, nacque a Firenze il 3 maggio 1535. Affidato in tenerissima età all’ospedale degli Innocenti,da cui il soprannome, Naldini, con l'aiuto di don Vincenzio Borghini che, negli anni a venire, si sarebbe rivelato uno dei suoi protettori più munifici, entrò nella bottega di Jacopo Carucci detto il Pontormo a dodici anni (e dunque intorno al 1547). Qui, rincontrato il padre naturale, nel frattempo preso a servizio dal Pontormo (Baldinucci, 1681-1728, p. 511), rimase sino alla morte del maestro (1557).
Soggiornò a Roma dopo il 1560 e nel 1562 entrò nell'atelier di Giorgio Vasari, contribuendo alla decorazione di Palazzo Vecchio a Firenze, in particolare allo Studiolo di Francesco I, per il quale dipinse due tele. Secondo una prassi ricorrente nel percorso formativo degli artisti fiorentini, nell’Urbe si cimentò con assiduità nella pratica della copia, affiancando alle esercitazioni sulla statuaria antica lo studio dei grandi cicli figurativi cinquecenteschi, da quelli ultimati da Raffaello e dai suoi allievi, Polidoro da Caravaggio in testa.durante il suo soggiorno romano il pittore eseguì gli apparati allestiti in occasione del matrimonio romano tra Alberico I Cybo, principe di Massa, e Isabella di Capua che possono essere oggi parzialmente ricostruit
i
grazie a un taccuino di schizzi (Thiem, 2002) smembrato tra diverse località tra cui Cambridge (Fogg Art Museum), Firenze (Biblioteca nazionale centrale, ms. N.A. 1159; Gabinetto disegni e stampe degli Uffizi), Oxford (Christ Church Picture Gallery), Londra (British Museum; Victoria and Albert Museum) e Parigi (Louvre, Département des arts graphiques).
Tornato a Firenze partecipò a quel rinnovamento della decorazione delle grandi basiliche dopo la Controriforma, decorando alcuni altari in Santa Croce e in Santa Maria Novella. Nella Cappella Salviati di San Marco creò la pala con la Vocazione di san Matteo.
Tra il 1577 e il 1580 durante un viaggio a Roma, l’artista eseguì incarichi per l’oratorio di S. Giovanni Decollato (Martirio di s. Giovanni Evangelista, S. Giacomo e S. Matteo), per la chiesa di S. Giovanni dei Fiorentini (Predica del Battista) e per la cappella Altoviti in Trinità dei Monti dove, con l’ausilio dell’allievo Giovanni Balducci, realizzò un ciclo con le Storie del Battista.
Ritornato a Firenze entro il 1580 l’artista poté fronteggiare in rapida successione una serie incalzante di commissioni  sacre, sia a Firenze – Deposizione in S. Croce (1583), Presentazione al tempio in S. Niccolò Oltrarno (1585), Vocazione di Matteo in S. Marco (1588) – sia in centri minori della Toscana medicea – Madonna e santi a Colle Barucci (1583), Resurrezione di Lazzaro a Montughi (1583), due dipinti in S. Martino a Maiano (1585) e, a Volterra, l’Immacolata Concezione nella chiesa di S. Francesco (1585) e la Presentazione di Maria al tempio nel duomo (firmata e datata 1590).
Debilitato dalla gotta
negli anni estremi della sua vita dovette limitar
e sensibilmente l’intervento nelle opere che gli venivano richieste, nel 1589 si vide costretto ad affidare agli aiuti (tra cui Balducci e Curradi) l’esecuzione di alcune storie nell’ambito degli apparati effimeri allestiti per le nozze di Ferdinando I.
Morì il 18 febbraio 1591 a Firenze, dove venne sepolto nella chiesa di S. Michele Visdomini.
Nel testo "Palazzo Salviati alla Lungara" risulta una sovrapporta con figura di S. Matteo della seconda anticamera accanto alla Cappella e due Virtù nella camera del cantone verso strada accanto al Gabinetto.

venerdì 7 novembre 2014

Presentazione libro

Gentili amici e amiche,vi invitiamo alla presentazione del libro “Il canto della fede” di Carlo Ambrosio Setti che si terra' il 14 novembre p.v., alle ore 18.00, presso l’Università LUMSA (sala Giubileo), via di Porta Castello, 44 - Roma.
Preghiamo coloro che fossero interessati alla partecipazione a darne comunicazione alla segreteria della Seniores. Un cordiale saluto a tutti
Massimo Coltrinari e Luigi Marsibilio
BILIVERT (Biliverti, Bilivelti, Bylevelt), Giovanni (1576 - 1644)
 ricerca a cura di Adele Pizzullo
 Giovanni Bilivert nacque nel 1576 a Firenze e non nelle Fiandre, come talvolta ancora si asserisce. Suo padre, Giacomo Bylevelt, nativo di Maastricht, venne ancora giovane a stabilirsi a Firenze e fu assunto come orefice alla corte granducale. Morto il padre nel 1589, entrò nello studio di Ludovico Ciardi, detto il Cigoli. Nel 1604 accompagnò il Cigoli a Roma, dove questi aveva ottenuto da Clemente VIII l'incarico di dipingere due quadri d'altare per le basiliche di S. Pietro e di S. Paolo, collocati nel 1606, ma sostituiti poi da altre tele. Probabilmente ha collaborato a questi dipinti, ora scomparsi, ma è certo che egli già nel 1606-07, senza l'intervento del suo maestro,  eseguì per la chiesetta dei benedettini di piazza di S. Maria in Trastevere una pala d'altare con il Martirio di S. Callisto, tutt'ora sul posto. Si tratta di una composizione certo audace, ma sgradevole, che rivela l'influsso mal assimilato del Caravaggio, anche nel colorito indeciso e pesante. I pochi anni che trascorse a Roma lo resero grave e solenne nelle rappresentazioni sacre, e garbatamente animato ogni volta che trattò un soggetto profano. Il Cigoli fece ritorno a Firenze nel 1608 e il Bilivert lo seguì, ma quando il maestro si recò nuovamente a Roma, il discepolo, artista ormai affermato, rimase a Firenze come suo sostituto. Nel 1609 Cosimo II lo nominò disegnatore nell'officina granducale delle pietre dure con una paga mensile di 15 scudi. Fu appunto nel 1609 che la granduchessa vedova, Cristina di Lorena, ordinò all'officina un prezioso altare, destinato alla chiesa di S. Nicola a Pisa, vicina al palazzo da lei abitato, e in un secondo tempo la non meno sfarzosa cappella votiva, a destra del coro. Per questa cappella il Bilivert eseguì un quadro d'altare rappresentante l'Annunciazione, firmato: "Giovanni Biliverti Fiorentino fecit 1611" (attualmente spostato nella prima cappella a sinistra). La composizione è evidentemente ispirata dall'Annunciazione dipinta dal Cigoli nel 1595 per la chiesa dei cappuccini di Montughi, nei pressi di Firenze. Nella stessa chiesa pisana è conservato un altro quadro d'altare collocato nel 1611: S. Carlo Borromeo in meditazione davanti al Crocifisso.
Quadri datati o databili, eseguiti dalmaestro negli anni 1612-20, non ci sono pervenuti. Si sa che il maestro ebbe diverse commissioni da parte dei fratelli del granduca: il cardinale Gian Carlo de' Medici e don Roberto. Per il primo avrebbe dipinto la grande tela con La castità di Giuseppe, ora nei depositi della Galleria degli Uffizi.
Morto il Cigoli nel 1613, la vena creativa dell'allievo parve per alcuni anni esaurita. Nel 1621  riuscì infine a riaversi, già il quadro d'altare col Ritrovamento della Croce, che egli finì fra il maggio e il luglio del 1621 per la cappella Calderini nella chiesa di S. Croce, sembra indicare l'inizio di una ripresa. Dipinge in questo periodo il suo capolavoro: L'Angelo rifiuta i doni del vecchio Tobia e del suo figliolo, siglato e datato 1622 (nella stessa Galleria). Segue un altro capolavoro: Lucrezia Romana minacciata da Tarquinio, conservato dal 1842 a Roma nella pinacoteca dell'Accademia di S. Luca. Questo periodo felice dura poco più di una decina di anni. Due quadroni (Daniele riceve miracolosamente il cibo e Crocifissione), che il Bilivert eseguì negli anni 1625 e 1630 per il duomo di Pisa, sono già di un aspetto più convenzionale. Questo nuovo affievolirsi della forza creativa probabilmente fu causato da un indebolimento fisico dovuto a una malattia, che ebbe la sua crisi verso il 1635, quando il pittore si recò a Pisa per sottoporsi a una grave operazione chirurgica. Per assolvere un voto, da lui fatto durante la malattia, dipinse per l'altare di S. Giusto dei cappuccini, dopo la sua guarigione, un S. Francesco che riceve le stigmate, ancora sul posto: riuscì una delle sue migliori composizioni sacre. Da allora  condusse una vita ancora più devota di prima, e quando, in quel tempo (1636-1640), Francesco Furini, desistendo dal trattare soggetti profani, si convertì e prese la tonaca, egli, sotto il suo influsso, introdusse nella sua arte elementi di un misticismo pio e pacato, non smise per questo di dipingere soggetti mitologici ed allegorici, per cui i suoi clienti aristocratici avevano una manifesta preferenza. Fra questi, la Venere che si lava i piedi in uno stagno.
Il grande capolavoro, eseguito in questa sua terza ed ultima maniera, è lo Sposalizio di S. Caterina d'Alessandria sopra l'altare della cappella Bardi nella chiesa fiorentina della SS. Annunziata, siglato e datato 1642, opera ispirata da un sentimento religioso sincero e profondo. Ultimo suo quadro è il bellissimo tondo con la Sacra Famiglia con s. Elisabetta e s. Giovannino, siglato e datato 1644, conservato nel castello di Fredensborg in Danimarca.
Morì a Firenze il 16 luglio 1644.
Nel testo "Palazzo Salviati alla Lungara" sono menzionati tre quadri del pittore: un S. Francesco a mezza figura collocato nella seconda anticamera accanto alla Cappella, una Maddalena collocata nella Camera delle Udienze e infine un grande quadro raffigurante Loth con le figlie (cm 257x307) che si trovava nella stanza del Camino.
FIDANI, Orazio ( 1606 - 1656) 

ricerca a cura di Adele Pizzullo

Orazio Fidani nacque a Firenze, nella parrocchia di S. Frediano, il 10 luglio 1606, da Matteo di Domenico e da Bernardina di Filippo Amadori. Pittore fiorentino della prima metà del Seicento, fu tra i protagonisti del naturalismo fiorentino, con Giovanni Bilivert di cui fu fidato allievo e collaboratore e con Francesco Furini. La sua pittura è caratterizzata dal modo romantico di interpretare sia le scene bibliche che quelle profane. In molti dei suoi dipinti, prevalentemente di grandi dimensioni, si notano indubbie influenze caravaggesche. Nel 1630 firmò per la chiesa di S. Maria a Pulicciano, presso Ronta in Mugello, la sua prima opera oggi nota, un'Annunciazione che deriva dal famoso affresco trecentesco della Ss. Annunziata di Firenze. Risale al 1634 la grande tela del Congedo di Angelica e Medoro dai pastori (Firenze, Galleria degli Uffizi), il cui soggetto, tratto dall'Orlando Furioso, sottolinea la sua piena partecipazione  ai temi della o favola barocca, tanto in voga a Firenze, derivati sia dagli scrittori antichi, sia dai poemi cavallereschi del Rinascimento. Del 1635 dipinse un Battesimo di Cristo nella parrocchiale di Celle presso Pistoia. In ambedue le opere il Fidani si mostra stilisticamente debitore del Bilivert. Con il 1640, anno della Morte di Didone, del Museo Tencalla a Bissone (Canton Ticino), inizia un decennio fecondo di opere che ormai denotano, insieme con la raggiunta autonomia stilistica, la ricerca di un linguaggio personale, teso a immettere nelle scene una maggiore circolazione di aria e di luce, di ricordo ancora lontanamente caravaggesco e guercinesco, attento tuttavia alle novità di artisti come il Furini o il Ficherelli e alla loro pittura morbida e talvolta sfatta. Viceversa nei quadri sacri della prima metà del quinto decennio - Resurrezione, 1642, nella pieve di Montopoli Val d'Arno; Estasi di s. Francesco, 1644, in S. Verdiana a Castelfiorentino; Visione di s. Antonio, 1644, in S. Francesco a Pietrasanta; Angelo Custode, in S. Regolo a Montaione - il pittore si attiene ancora a schemi iconografici strettamente cigoleschi e bilivertiani, anche se con caratteri più personali. Tra le opere di tema sacro, dopo le importanti tele del 1645, va innanzitutto ricordato il Martirio di s. Erasmo (Firenze, Depositi delle Gallerie fiorentine), firmato e datato 1646, e il quadro con I Ss. Michele Arcangelo, Giacomo, Stefano e Domenico, che  eseguì nel 1647 per la chiesa di S. Stefano a Montefioralle (presso Greve in Chianti), dove tuttora è conservato.
Nell'ultimo periodo della sua attività, fu impegnato soprattutto per la certosa del Galluzzo, negli immediati dintorni di Firenze, che fu certamente la sua impresa più complessa:  otto grandi tele collocate al di sopra degli stalli del coro (due con gli evangelisti S. Matteo e S. Giovanni, quattro con i Dottori della Chiesa; un quadro ottagono con l'Esaltazione di s. Bruno, e un altro pure ottagono con l'Elemosina di s. Lorenzo) eseguite tutte tra la fine del 1649 e l'estate del 1650. A questo gruppo si aggiungono altri quattro quadri più piccoli con Quattro santi penitenti (Giovanni Battista, Gerolamo, Antonio abate, Benedetto) del 1653. Nella medesima chiesa dette inizio nell'agosto 1653 alla decorazione della volta eseguendo entro il dicembre di quell'anno l'Esaltazione dei simboli della Passione di Cristo, nelle vele della campata centrale, quindi, nel 1655, la Gloria dei cori angelici, nella prima campata.
Morì a Firenze il 10 gennaio 1656 e fu sepolto nella chiesa dei Ss. Apostoli.
Nel testo "Palazzo Salviati alla Lungara" risulta un dipinto del Fidani: il Martirio di S.Lorenzo che era collocato nella prima camera verso strada.

martedì 28 ottobre 2014

HOLBEIN, Hans (1497-1543)

ricerca a cura di Adele Pizzullo

Hans Holbein il giovane nasce ad Augusta, nella Germania meridionale verso il 1497 secondo figlio del pittore omonimo. Dopo aver studiato pittura con il padre Hans il Vecchio, apprezzato ritrattista di tradizione fiamminga, nel 1515 si stabilì a Basilea, dove si dedicò all’illustrazione di libri, tra i quali l’Elogio della follia di Erasmo da Rotterdam.
Durante un viaggio in Italia, nel 1518, rimase affascinato dalle opere di Andrea Mantegna e Leonardo da Vinci, la cui influenza si avverte nella composizione, nella plasticità e nella ricchezza cromatica che assumono i suoi dipinti. Morto il fratello maggiore Ambrogio, Hans eredita la bottega paterna e si iscrive alla Corporazione dei Pittori di Basilea; lo stesso anno sposa Elsbeth Binsentock vedova di un conciatore di pelli, dalla quale avrà quattro figli. Ottenuta la cittadinanza, Holbein visse stabilmente a Basilea, dove nel 1529 venne coinvolto nella crociata iconoclasta: in questa occasione molti personaggi che non aderirono alla Riforma furono costretti a fuggire, fra questi anche Erasmo da Rotterdam amico di Holbein.
Tra il 1523 e il 1526 Holbein realizzò, oltre ai lavori ad olio, anche 51 disegni con le allegorie medievali della danza macabra, incisioni per la Bibbia tradotta in tedesco da Martin Lutero. Nel 1532 Holbein si stabilì in Inghilterra, dove, conquistata la fama con il ritratto dello statista Thomas Cromwell, venne nominato pittore di corte (1536) da Enrico VIII.
Fra i ritratti di Hans Holbein, caratterizzati da grande realismo, cura dei minimi dettagli e precisa resa psicologica dei soggetti, i più significativi sono quelli del sovrano (1539-40, Galleria nazionale d’arte antica, Roma) e della sua terza moglie, Jane Seymour (1536-37, Kunsthistorisches Museum, Vienna), quelli di Charles de Solier, sieur de Morette (1534-35, Gemäldegalerie, Dresda) e di Sir Richard Southwell (1536, Uffizi Firenze), e il doppio ritratto con anamorfosi "Gli ambasciatori" Jean de Dinteville e Georges de Selve (1533, National Gallery, Londra). E proprio il sovrano inglese posò per uno dei suoi quadri più famosi. Il dipinto fu realizzato fra il 1534 e il 1536, si tratta di un olio su tavola che misura 28 x 20 cm e attualmente è esposto al museo Thyssen-Bornemisza. E’ un capolavoro della ritrattistica di tutti i tempi.
Durante la terribile epidemia di peste che decimò la popolazione londinese, il 7 ottobre 1543, Holbein fece testamento e morì il 29 novembre 1543.
Nel testo "Roma moderna" è menzionato un Ritratto dell'artista che si trovava a Palazzo Salviati, anche nel testo "Palazzo Salviati alla Lungara" risulta un Ritratto di un senatore collocato nella seconda anticamera accanto alla Cappella.
LEONARDO di ser Piero da Vinci (1452 – 1519)
ricerca a cura di Adele Pizzullo
Pittore, ingegnere e scienziato italiano. Uomo d'ingegno e talento universale del Rinascimento, incarnò in pieno lo spirito della sua epoca, portandolo alle maggiori forme di espressione nei più disparati campi dell'arte e della conoscenza. Si occupò di architettura e scultura, fu disegnatore, trattatista, poeta, scenografo, anatomista, musicista e, in generale, progettista e inventore. È considerato uno dei più grandi geni dell'umanità. Fu detto da Vinci dal piccolo borgo in Val d'Arno inferiore, dove nacque in un giorno non determinato del 1452, figlio illegittimo del notaio ser Piero, di Vinci, Leonardo, nel 1465 seguì il padre a Firenze ed entrò nell’effervescente bottega di Andrea del Verrocchio, nel 1472 era già iscritto alla Compagnia dei pittori. Nel 1481 ottenne l’incarico per l’Adorazione dei Magi, primo esempio della sua capacità di esprimere sentimenti ed emozioni umane. L’anno successivo, chiamato da Ludovico il Moro, lasciò Firenze per Milano, dove per quasi vent’anni alternò l’attività di ingegnere e di inventore con quella artistica. Qui  realizzò la meravigliosa Dama con l’ermellino, e giunse a una stupefacente resa dei “moti dell’anima" con il monumentale Cenacolo .La sconfitta di Ludovico il Moro (16 marzo 1500) costrinse Leonardo a lasciare Milano. Partì per Venezia, fermandosi lungo il viaggio a Mantova, alla corte di Isabella d’Este, dove venne accolto con grande favore e ricevette richieste di opere di pittura. Nell’aprile del 1500 lasciò Venezia, dove aveva compiuto studi per apprestamenti difensivi, e ritornò a Firenze, dove si dedicò alla pittura, ma più spesso dette «opra forte ad la geometria». Dal maggio 1502 al maggio 1503 rimase lontano da Firenze, quasi sempre al servizio del duca Valentino (Cesare Borgia). Fu a Urbino, a Rimini, a Cesena, a Pesaro, a Cesenatico e in altre città delle Marche e della Romagna, dove studiò porti, problemi di idraulica, fortificazioni. A questo periodo appartengono gli originalissimi contributi  alla cartografia, al rilievo e alla descrizione dei luoghi. Nel 1503 fece ritorno a Firenze, dove approfondì gli studi matematici e anatomici e si dedicò in modo discontinuo alla pittura; in questi anni iniziò anche il capolavoro che lo rese celebre nei secoli, la Gioconda. Per una decina d’anni, Leonardo si mosse tra a Milano francese, la dimora romana del cardinale Giuliano de’ Medici e la sua Firenze, dedicandosi alla pittura, allo studio di questioni militari e di canalizzazioni, a scopo sia pacifico sia militare (alcuni progetti arditi e utopistici sono tuttavia impressionanti per la lucidità della progettazione), e incominciò a studiare il volo degli uccelli e le leggi dell’idraulica. Nel 1505 tornò di nuovo a Milano, nel marzo del 1508 a Firenze, e di nuovo a Milano nel settembre dello stesso anno. A questo periodo risalgono studi sulla navigazione fluviale, ricerche anatomiche e botaniche. Nel 1513 fu chiamato a Roma da Giuliano de’ Medici, ma si vide escluso dalle grandi opere (i progetti per S. Pietro e la decorazione del Vaticano). Nel 1517, a 65 anni, accettò l’invito del re di Francia Francesco I e si trasferì nel castello di Cloux presso Amboise. Il re gli elargì una pensione annua come premier peintre, architecte et mechanicien du roi. Leonardo visse gli ultimi anni di vita, dedicandosi in assoluta libertà alle sue innovative ricerche, benché impedito da paralisi alla mano destra. Impressionanti testimonianze di quest’ultimo periodo sono i disegni in cui è immaginata la fine del mondo, evento fantastico in cui operano con terribile bellezza le forze della natura.
Morì il 2 maggio 1519 nel castello di Cloux in Amboise, proprietà di Luisa di Savoia, madre di Francesco I.

Nel testo "Roma moderna" risulta a Palazzo Salviati  una Madonna col Bambino, mentre nel libro "Palazzo Salviati alla Lungara" i quadri sono quattro: un piccolo quadro nella stanza del Camino, un San Giovanni Battista a mezza figura, una Madonna con Bambino, S.Anna e San Giovannnino e una Madonna a mezza figura con Bambino e S. Giovannino, collocati nella  camera del Cantone verso strada accanto al Gabinetto.

martedì 21 ottobre 2014

ZAMPIERI, Domenico detto il Domenichino (1581-1641)
ricerca a cura di Adele Pizzullo
Nacque a Bologna nel 1581. Protagonista della pittura bolognese, fu uno dei promotori del classicismo secentesco europeo. Allievo prima di D. Calvaert poi dei Carracci, fu artista dei più colti, elaborando in un eclettismo raffinato le esperienze formali dei grandi maestri del 16° secolo. Nel 1602 era a Roma, collaboratore di Annibale Carracci negli affreschi di palazzo Farnese. Tra le sue opere a fresco sono particolarmente notevoli le decorazioni di una volta del palazzo Giustiniani di Bassano di Sutri (1609), della cappella Farnese nell'abbazia di Grottaferrata (1610), della cappella di S. Cecilia in S. Luigi dei Francesi (1611-1614), di una sala della villa Aldobrandini a Frascati (1616-17), dei pennacchi della cupola e della tribuna di S. Andrea della Valle (1623-28) e di quelli di S. Carlo ai Catinari (1630) a Roma.
Lavorò a Napoli,, dove influenzò largamente la produzione locale, sue le decorazioni della cappella del Tesoro nel duomo a Napoli (dal 1638).
Tra le grandi tele, sono da annoverare la Comunione di s. Gerolamo (1614, Pinacoteca Vaticana); l'Angelo Custode (1615, Napoli, Museo di Capodimonte); la Caccia di Diana e la Sibilla Cumana (1617 circa, Roma, Galleria Borghese). Artista colto, mirò non tanto a resuscitare, quanto a rievocare il classicismo cinquecentesco e a intenderne il significato profondo. Per queste sue capacità riuscì a fondere in un naturalismo sincero figure e paesaggio, che nelle sue opere prende una parte notevolissima, soprattutto nei quadri (Fatiche di Ercole; Erminia tra i pastori, Parigi, Louvre) e negli affreschi di soggetto mitologico. Spesso anche nei quadretti di minore impegno giunse a risultati precorritori del gusto moderno, componendo il paesaggio con largo senso classico e aperta sensibilità ai problemi della luce e del colore. Una sua teoria dell'arte, raccolta da G. B. Agucchi, costituì la base del pensiero critico di G. P. Bellori e, in genere, del classicismo secentesco.La sua pittura influì su N. Poussin, sul Lorenese e su G. Dughet.
Il 3 aprile 1641 stende il suo testamento e muore tre giorni dopo.
Nel testo "Roma moderna" risulta essere a Palazzo Salviati un Ritratto di Gregorio XIII sedente, col Cardinale Nepote avanti.
VANNI, Raffaello ( 1587 - 1678)
ricerca a cura di Adele Pizzullo
Nacque a Siena nel 1587, fu un artista italiano del periodo barocco. Inizialmente fece pratica con il padre, Francesco Vanni, che morì nel 1603. Inviato a Roma poco dopo, venne raccomandato ad Antonio Carracci. In seguito divenne seguace di Pietro da Cortona. Dipinse una Nascita della Vergine per Santa Maria della Pace.Nella chiesa di Santa Maria del Popolo affrescò le lunette della Cappella Chigi . E' stato membro dell'Accademia di San Luca nel 1655.
Altre opere di Raffaello Vanni si trovano a:
Firenze, Palazzo Pitti: Matrimonio di Santa Caterina
Montalcino, Pieve di San Michele Arcangelo: Estasi di San Carlo Borromeo
Roma, Santa Maria della Pace: Nascita della Vergine
Siena, Accademia Musicale Chigiana:Apollo (Aula Monteverdi, 58 x 44 cm), Carità (Aula Pergolesi,( 119 x 158,5 cm), Trionfo di Davide (Sala Casella, 194 x 300 cm)
Siena, Basilica di San Clemente in Santa Maria dei Servi: Scena di Clodoveo
Siena, Basilica di San Domenico: Crocifissione con i Santi Eugenio e Benedetto (1649)
Siena, Chiesa di San Giorgio: Incontro sulla Via del Calvario
Siena, Chiesa di Sant’Agostino: Morte di San Tommaso da Villanova
Siena, Chiesa di Santa Petronilla: Transito di San Giuseppe
Siena, Chiesa di San Vigilio: Giudizio Universale
Siena, Chiesa e convento della Maddalena: Santa Maria Maddalena che ascolta la predica di Cristo
Siena, Duomo di Siena: San Francesco di Sales (1654)
Siena, Museo delle Biccherne, : Gloria di Sant’Ivone
Siena, Museo dell’Opera del Duomo: Giudizio Finale
Siena, Oratorio della Compagnia della Santissima Trinità: Vittoria di Clodoveo su Alarico II
Siena, Oratorio di San Rocco: San Giobbe e il demonio (1622)
Siena, Palazzo Salimbeni,collezione del  Monte dei Paschi di Siena: Madonna col bambino e sette sarafini (1644, 114 x 84 cm), Menelao minaccia Elena dopo la caduta di Troia, Neottòlemo uccide Polìssena
Siena, Pinacoteca Nazionale : Decapitazione di San Paolo, Gioco d’amorini
Morì a Siena il 29 novembre 1678.
Nel testo "Roma moderna" è menzionato un quadro che si trovava a Palazzo Salviati: una Maddalena.
BAZZI, Giovanni Antonio, detto il Sodoma.
Ricerca a cura di Adele Pizzullo
Nato a Vercelli nel 1477 dal calzolaio Giacomo Bazzi e Angela da Bergamo, a soli tredici anni iniziò il suo praticantato, nella sua città, presso la bottega del pittore Giovanni Martino Spanzotti. Successivamente, nel 1498, si trasferì dapprima a Milano e quindi a Siena, nel 1501. che divenne la sua residenza più o meno stabile. Nel 1505 l'abate Domenico Airoldi da Lecco, eletto nuovamente generale dei benedettini olivetani, gli commise di proseguire la decorazione del chiostro del monastero di Monteoliveto Maggiore che, per ordine dello stesso, era stata iniziata da Luca Signorelli: il Sodoma eseguì 26 Storie di San Benedetto, cui furono aggiunti una scena allegorica del Santo che dà la Regola ai monaci olivetani e due riquadri col Cristo portacroce e Cristo alla colonna nel passaggio tra il chiostro e l'andito detto "il De Profundis".
Fu operativo anche a Roma, la sua presenza nella città capitolina è documentata nel 1508, quando Papa Giulio II gli commissionò le decorazioni del soffitto della Stanza della Segnatura in Vaticano. Raffaello, che condusse le figurazioni negli scomparti maggiori, rispettò, almeno in parte, il lavoro del Sodoma (gli si attribuiscono i fregi delle spartizioni e otto storiette, di cui quattro a monocromo, intorno all'ottagono centrale). Nell'affresco La scuola di Atene, (1509-1511), il Sodoma stesso è raffigurato vicino a Raffaello.
Ma l'impresa più importante di questi anni , la critica è ormai concorde nel collocarla tra il 1512 e il 1514, è la decorazione a fresco della camera nuziale di Agostino Chigi alla Famesina di Roma, sulle pareti della quale il Sodoma raffigurò le Nozze di Alessandro e Rossane, la Famiglia di Dario davanti ad Alessandro, la Fucina di Vulcano e altre storie minori ora rovinate e malamente restaurate.
Sodoma sì sposò in gioventù, ma presto si separò da sua moglie. Una sua figlia sposò Bartolomeo Neroni, detto anche Riccio Sanese o Maestro Riccio, uno dei suoi principali allievi. Eppure fu considerato dai contemporanei omosessuale, tanto che dal 1512 era conosciuto appunto come "Il Sodoma". Giorgio Vasari, in particolare, ha sottolineato questo suo aspetto. Forse era un soprannome venuto fuori da uno scherzo, ma Bazzi sembra aver portato questo nome con orgoglio.
La figura artistica del Sodoma costituisce una sorta di ponte tra tardo rinascimento e manierismo; a Siena in particolare la sua importanza fu notevole nell'imprimere le linee generali al successivo manierismo senese.
Probabilmente la più antica opera che di lui è rimasta è un grande stendardo su seta, raffigurante la Crocifissione, recentemente (1950) riesumato in un deposito del seminario di Montalcino (ora nel locale Museo d'arte sacra) e forse eseguito per la Compagnia di S. Pietro di quella cittadina e precede di poco un altro stendardo su tela, pure raffigurante la Crocifissione, nella Pinacoteca di Siena (n. 610; fatto forse per la Compagnia di S. Giovanni Battista della Morte).
Il Sodoma morì a Siena il 15 febbraio 1549.
Nel testo "Roma moderna" si colloca a Palazzo Salviati un quadro dell'artista: il Signore che va al Calvario, lo stesso quadro è menzionato nel" Palazzo Salviati alla Lungara" collocato nella stanza del Camino, inoltre si riferisce anche di un Ecce Homo nella camera del Cantone verso strada accanto al Gabinetto.
PALMA, Antonio
ricerca a cura di Adele Pizzullo
Appellativo del pittore Antonio Negretti o Nigretti (Serina, Bergamo, 1515 circa - Venezia dopo il 1575), padre di Palma il Giovane.
Il trasferimento a Venezia di Antonio dovrebbe collocarsi nell’estate del 1528. In questo periodo l’operato di Negretti dovette plausibilmente inquadrarsi all’interno delle pratiche della bottega di Bonifacio Veronese, con un ruolo gregario rispetto al maestro, l’unico esemplare autografo è costituito da una Resurrezione firmata «[Ant]onius Palma» (Stoccarda, Gemäldegalerie) .Sulla base del confronto con questa tela si è venuto precisando per via attributiva un piccolo catalogo (Westphal, 1931-32; con revisioni e integrazioni di Vertova, 1985), che comprende tra l’altro un’ulteriore redazione della Resurrezione (Dublino, National Gallery of Ireland), nonché un’Adorazione dei magi (Genova, Palazzo Rosso), un Ritorno del figliol prodigo (Roma, Galleria Borghese) e una Cena in casa del fariseo (Bruxelles, Musée des beaux arts), queste ultime contraddistinte da consistenti citazioni da opere di Bonifacio, cui a lungo sono state peraltro riferite. A questo gruppo è stato di recente proposto di associare anche un’Allegoria della fondazione di Roma, molto restaurata, ora a Kingston Lacy House (Bradley, 2004). Solo in seguito alla scomparsa di Bonifacio (ottobre 1553), e in concomitanza con la successione alla guida dell’atelier, la sua figura venne acquisendo progressivamente maggiore visibilità e autonomia. In questo periodo si registra anche l’ingresso nella Scuola Grande di S. Marco, di cui l’artista restò membro fino al 1562 (Koster, 2008). Di questi stessi anni è pure l’intervento nella sacrestia di S. Sebastiano a Venezia, costituito da una serie di teleri a soggetto sacro realizzati tra il 1551 e il 1555 su commissione dal priore Bernardo Torlioni. Contemporaneamente proseguì anche l’impegno per le magistrature civili di Venezia, per le quali a partire dagli anni Trenta l’officina bonifacesca aveva ottenuto una sorta di informale appalto esclusivo. Tra i teleri realizzati in questo periodo si ricordano una Regina di Saba davanti al re Salomone (1556) e un’Adorazione dei magi (1558), entrambe provenienti dal Monte dei Sussidi (Venezia, Gallerie dell’Accademia), nonché un’ulteriore Adorazione dei magi (1557-58) e una Visita della regina di Saba a re Salomone (1559-60) per la Zecca (ora in deposito nella sacrestia della basilica di S. Maria dei Frari a Venezia).L’ultima opera nota è costituita da un grande telero con Ester e Assuero (Sarasota, Ringling Museum of art) datato 1574, realizzato per un esponente della famiglia Contarini, di cui compare il blasone, e probabilmente destinato a una magistratura pubblica dell’area marciana o realtina.
Non si conosce con precisione la data di morte, avvenuta con ogni probabilità a Venezia, tra la metà dell’ottavo decennio e l’inizio del successivo, forse tra il 10 novembre 1578, quando Jacopo Palma il giovane si firma «figlio di messer Antonio» in una perizia per palazzo Ducale, e il 23 marzo 1585, in cui lo stesso Jacopo si dichiara «filius quondam Antonii» in un atto notarile. L’ultima testimonianza diretta è offerta dalla presenza della sua sigla in un documento della Scuola dei Pittori redatto nel 1575.
Dell'autore è citato nel testo "Roma moderna" un solo quadro che si trovava a Palazzo Salviati :
una Madonna col Bambino e San Giovanni Battista.
PAGGI, Giovan Battista (1554 –1627)
Ricerca a cura di Adele Pizzullo
Nacque a Genova nel 1554 da famiglia nobiliare e da giovane subì una forte influenza dall'arte pittorica di Luca Cambiaso.In seguito ad un omicidio dovette scappare da Genova nel 1579, all'età di venticinque anni, per rifugiarsi ad Aulla sul Magra, poi a Pisa e quindi a Firenze, dove, grazie alle conoscenze familiari, riuscì ad avere accesso alla Corte Granducale. Qui ebbe la possibilità di studiare l'arte toscana, soprattutto fiorentina, accanto a grandi maestri come Giambologna, Domenico Cresti detto il Passignano, Jacopo Chimenti detto l'Empoli e Ludovico Cardi detto il Cigoli.
I contatti con la sua città natale ripresero a partire dal 1590, quando l'artista rientrò in città per un breve periodo ospite della famiglia Doria. Saranno questi ultimi che lo aiuteranno a tornare definitivamente a Genova nel 1599.Fu da allora il pittore che insegnò l'arte a molti artisti affermatisi nel periodo della grande pittura genovese, e da lui incoraggiati a procedere nella direzione di una pittura innovativa, uscendo definitivamente dalle costrizioni delle corporazioni artigianali.
Tra le sue opere principali: Miracolo di Santa Caterina - affresco - Firenze, Chiostro grande di Santa Maria Novella, Transito di santa Chiara - olio su tela (217 x 343 cm) - Genova, Basilica della Santissima Annunziata del Vastato, Martirio di Sant'Orsola e delle Vergini - Savona, Duomo di N.S Assunta. Pala d'altare della Cappella Lamberti, nella navata sinistra. 1600, Venere con due amorini che affilano le frecce - Genova, Collezione privata. 1624, Nascita della Vergine - Lucca, Cattedrale di San Martino,Martirio di Sant'Andrea - 1590 - Loano, Sant'Agostino, Assunzione - Pistoia, Cattedrale di San Zeno, Annunciazione - 1597 - Lucca, Cattedrale di San Martino.
Madonna con Bambino - collezione privata, Genova.
Morì a Genova nel 1627 e fu forse sepolto nella Basilica dell'Annunziata, in una tomba non più esistente a causa della distruzione di un'ala della chiesa avvenuta durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale.
Tra i suoi allievi più illustri figura Castellino Castello. La sua città natale gli ha intitolato una via nel quartiere di San Fruttuoso.
Nel testo "Roma moderna" risultava essere a Palazzo Salviati un quadro dell'artista: una Madonna col Bambino e San Giuseppe, lo stesso quadro è menzionato nel testo "Palazzo Salviati alla Lungara" e risultava collocato nella seconda anticamera accanto alla Cappella.
DEL SARTO, Andrea (1486-1531)
ricerca a cura di Adele Pizzullo
Il pittore italiano Andrea del Sarto, il cui vero nome è Andrea d’Agnolo di Francesco di Luca di Paolo del Migliore, nasce a Gualfonda (FI) il 16 luglio 1486. È figlio del sarto Angelo di Francesco, per cui riceve il soprannome “Sarto”. Andrea del Sarto riceve una formazione presso un orafo e in quella circostanza viene notato da un pittore sconosciuto per la sua bravura nel disegno. Costui gli insegna a dipingere e in seguito lo manda da Piero di Cosimo. Come studente di quest’ultimo, Andrea del Sarto viene influenzato dai grandi maestri dell’alto Rinascimento. Nel 1506 fonda una bottega artigianale con Franciabigio. Del Sarto dipinge i suoi capolavori dal 1508 al 1514. Realizza affreschi che raffigurano la vita di Filippo Benizzi, l’adorazione dei Magi e la nascita di Maria nell’atrio e nel chiostro della chiesa di Sant’Annunziata a Firenze. Nel 1511 dipinge per i frati un affresco dai toni grigio su grigio, raffigurante il Battesimo di Cristo, nel Chiostro dello Scalzo. Tra il 1511 e il 1527 dipinge Il Cenacolo un grande affresco (525x871 cm)  conservato nel Museo del Cenacolo di Andrea del Sarto, vicino la chiesa di San Salvi, a Firenze. Dal 1515 al 1516 Del Sarto continua il ciclo della vita di S. Giovanni Battista. Fra le sue opere migliori si distinguono anche disegni realizzati con gessetti colorati e a sanguigna. Le opere di Andrea del Sarto si distinguono per la loro fresca naturalezza, per la ricerca di tratti caratteristici, per l’ordine e la disposizione in gruppi, per i colori armoniosi e per una rappresentazione elegante, elementi combinati a tratti raffinati.
Andrea del Sarto, uno dei pittori più importanti del Rinascimento italiano, muore il 22 gennaio 1531 a Firenze.
Da "Roma moderna" risultano a Palazzo Salviati quattro Istorie del Testamento vecchio, mentre nel testo
“Palazzo Salviati alla Lungara" risultano cinque quadri con storie di Giacobbe che si trovavano nella seconda anticamera accanto alla Cappella, una Madonna con Bambino, San Giuseppe e San Giovannino e un'altra Madonna con Bambino e San Giuseppe collocati nella camera delle Udienze, un San Sebastiano a mezza figura nella stanza del Camino e infine una Madonna con Bambino in braccio che si trovava nella camera del Cantone verso strada accanto al Gabinetto.

RICORDATO IL RASTRELLAMENTO DEL 16 OTTOBRE 1943



GIOVED' 15 OTTOBRE SI E' SVOLTA LA TRADIZONALE CERIMONIA DI DEPOSIZIONE DI UNA CORONA D'ALLORO ALLA TARGA CHE RICORDA IL RASTRELLAMENTO DEGLI EBREI ROMANI, CONCENTRATI AL COLLEGIO ROMANO, PRIMA



 DI ESSERE DEPORTATI IN POLONIA

PRESENTI RAPPRESENTATI DELLE ISTITUZIONI SI E' VOLUTI ESSERE PRESENTI DA SEMPLICI CITTADINI A QUESTA BREVE MA SIGNIFICATIVA CERIMONIA COME ASSOCIAZIONE SENIORES.

LA PRESENZA DI NUMEROSI AMICI E CONOSCENTI, SEMPRE PRESENTI QUANDO OCCORE RINFORZARE LA MEMORIA DI UN PASSATO TRAGICO E CHE NON DEVE PIù RIPETERSI HA SOTTOLINEATO IL FATTO CHE CERTI ASPETTI DELLA NOSTRA STORIA NON DEVONO ESSERE TRASCURATI


IL COLLEGAMENTO CON LE ASSOCIAZIONI COMBATTENTISITCHE RAPPRESENTA UN LINK INTERESSANTE PER SVILUPPARE LE RICERCHE E GLI STUDI IN CORSO SU PALAZZO SALVIATI E LA SUA STORIA


AMICI DISPONIBILI A SOSTENERCI IN QUESTE RICERCHE SONO ESSENZIALI PER LA LORO RIUSCITA