Prof.
Sergio Benedetto Sabetta
In questo periodo storico di forti
contrasti e conflitti per ridefinire i termini della convivenza fra le diverse
comunità, in cui vi è un forte squilibrio tra finanza ed economia reale fonte
di lotta per il suo controllo ( Arrighi,
Silver), con grandi flussi di masse umane, rinasce la necessità di
riconsiderare gli aspetti etici ed estetici dell’agire umano, necessità di
determinare dei valori entro cui fondare la Comunità quale Nazione ( AA. VV., Il bluff globale, Limes 4/2023).
Hannah Arendt
in “La tradizione del pensiero politico” distingue tra l’azione
dell’eroe greco, degna di solitaria lode, che si risolve nel politico in un
succedersi di fondazioni autonome di polis
e l’esperienza di fondazione di origine romana, per cui tradizione,
autorità e religione si espandono nell’universo politico in una unica trama
unitaria, una distinzione che si è riflessa in tutta la storia europea e ancora
attualmente si ripropone.
La rottura delle tradizioni attraverso “rivoluzioni”
di pensiero, causa ed effetto dell’evolversi degli assetti economici e
relazionali, diventano origine di nuove strutture normative la cui autorità
nasce da atti politici di fondazione, in un passaggio pulsante tra tradizioni
espanse e nuove “fondazioni” quali atti rivoluzionari risolventi tensioni
sociali non più assorbibili nella tradizione.
Le istituzioni e la
normativa stessa nel suo evolversi perde unitarietà, si sfilaccia in
mille rivoli pari alle molteplici possibilità dell’agire umano, il modello
romano della fondazione sfuma nel
riprodursi dei moduli, i quali acquistano una propria originalità, mentre le polis si moltiplicano in un sistema
economico a rete, nel quale la tecnologia aumenta la velocità della
comunicazione e dello scambio e il trasferimento di risorse e degli stili di
vita.
Le possibilità economiche creano possibilità culturali
che si innestano nelle trame precedenti, si che l’internazionalizzazione
dissolve le precedenti fondazioni attraverso il progressivo perdersi prima
della tradizione, poi della autorità e della religione, nasce l’esigenza, non
solo economica ma anche culturale, di una “rivoluzione” che ri-fondi i rapporti
e quindi anche di una normativa che
abbia nuova tradizione e nuova autorità.
La differenziazione che questa nuova fondazione
ricomprende non può portare ad una “maiuscola
Verità etica”(Flores d’Arcais),
ma accettare in sé “modeste verità di fatto” (Arendt) che tuttavia non devono risolversi in una inesistenza etica,
pena il dissolversi dell’autorità fondativa, ma anche l’impossibilità di un
sistema coordinato di relazioni su un substrato culturale difeso in quanto
accettato e riconosciuto, come proprio dell’uomo quale essere relazionale.
Florens d’
Arcais afferma che “nel campo etico- politico, del dover –
essere, non ci sono perciò né verità assolute né verità relative e parziali,
perché i predicati vero/falso sono fuori luogo. Ci sono scelte.”, ma le
scelte presuppongono comunque delle etiche non assolute, relative, comunque dei
termini di scelta formati e condizionati dalle proprie relazioni e dal caso
sociale.
Souriau in uno slancio creativo riconosce che nessun uomo “è stato conquistato da un’idea morale
attraverso un ragionamento ma unicamente per l’irraggiamento di questo ideale,
per l’ammirazione che causavano coloro che l’incarnavano” e prosegue con un
appello a rimpiazzare le antiche morali ormai superate attraverso una
“estetica” che superi la statica e passiva contemplazione, con una azione
creatrice e costruttiva nella quale si manifesti pienamente il presupposto
fondamentale della libertà del fare.
Questo modello “estetico”, fornito di una propria
forza costruttrice, si viene a contrapporre inevitabilmente alla semplice
gestione “amministrativa” dell’esistente e dei suoi principi conservatori;
l’emozione morale è una emozione estetica e come tale suscita fremiti e
movimento base per una “rivoluzione” umanistica ( Cauquelin), tuttavia “questa
libertà non è assenza di rigore ma scelta fra numerosi stili di rigore, di cui
alcuni sono ancora da inventare” ( Lascault).
L’estetica non è altro che la rappresentazione
dell’innata simmetria insita nell’uomo, del suo valutare i colori secondo gli
istinti di sopravvivenza e del completare mentalmente le linee partendo da
tracce parziali, in un rapido susseguirsi di azione e reazione necessario nella
lotta in natura per la sopravvivenza.
“In altre parole, la scimmia, dalla quale
discendiamo, doveva avere un’idea molto precisa della geometria dello spazio
realmente esistente per non cadere dagli alberi e rompersi il collo.
Analogamente, è presumibile che le nostre capacità di astrazione e di
manipolazione dei simboli logici si siano orientate a strutture realmente
esistenti nel mondo esterno” ( Eilenberger),
per l’individuo diventa pertanto un a priori e si comincia a intravedere la
complementarietà tra scientificità ed estetica nella comprensione della natura
e quindi dell’azione umana. Regolarità tecnologica e irregolarità della
“misura” umana, ordine e disordine, vengono a completarsi come in una immagine
frattale ( Eilenberger).
Nel suo raffinarsi culturale avviene l’estrapolazione
delle forme e dei colori in termini di emozioni e quindi di valore, il quale
trasportato in una società commerciale diventa economico e pertanto monetario,
quindi commerciale.
L’estetica nel determinare il valore delle cose e nel
commercializzarsi crea la necessità della normativizzazione, sia quali canoni
ideologici che nelle necessarie e successive normalizzazioni normative, la
costruzione giuridica è quindi anche un risultato del rapporto estetica-
società-economia.
Qualsiasi “rivoluzione” necessita della creazione di
una propria estetica, ancor più nell’ipotesi di una esperienza di fondazione o
ri-fondazione, estetica che permette l’assimilazione emotiva della necessità
organizzativa, sia economico- sociale che politico – istituzionale, e come tale
ne giustifica e ne glorifica la creazione ponendola quale modello, ma
l’estetica possiede un proprio valore derivante dalla sua necessità umana,
individuale e indipendente dall’elemento sociale e collettivo.
Proprio in questa necessità insita nella specie umana
vi è il suo riflettersi nella costruzione giuridica attraverso il valore che dà
alle cose e all’azione, nonché per il parametro decisionale che acquista nelle
scelte relazionali individuali o sociali, considerando che l’estetica è tra la
plasticità e il desiderio (Lyotard ),
che nasconde “un possibile” (Dafrenne)
per una potenziale ri-fondazione. Vi è quindi una utopia che interloquisce con
le potenzialità tecniche rendendole a dimensione umana, modificando “ciò che esprime e giustifica il sistema”(
Dufrenne).
Il desiderio crea l’utopia in un’azione “costruttiva”
e quindi di per sé modificativa, un desiderio che investe sia l’utile ( Bentham) che l’estetica, tra edonismo
materiale e necessità psicologiche, si che la “rivoluzione” della ri-fondazione
a cui una necessità utopica incita il presente diventa una rivoluzione non solo
simbolica ma anche formale, che nel rendere evidente quello che è già esaurito
ed evaporato ne ricostruisce tradizione e autorità, secondo un nuovo sentire
che prefigura ciò che potrà essere realmente ( Dufrenne).
“
La messa in moto di una trilogia di fattori quale
spirito, morale e mezzi forma un trittico fondamentale nel costituire il tutto
unico della potenza, che non è la somma ma il prodotto dei tre fattori, un
ponte necessario fra le forze intellettuali e quelle materiali ( Jean), sì da superare l’omologazione
gratificante ai modelli imposti, con l’azzeramento di fatto di una autonomia
individuale in cui la debolezza dell’Io è mascherata dal narcisismo pervasivo e
rischia la manipolazione da parte di una economia e di una politica dello
spettacolo ( Petrucciani).
La felicità è pertanto la necessità di mettere alla
prova le nostre capacità in attività difficili ma realizzabili, comunque per
noi dotate di senso, in quanto “ci adattiamo,
ci abituiamo, impariamo, cambiamo le nostre aspettative e abbiamo bisogno di
nuovi stimoli e di nuove sfide per continuare ad essere felici” (Perrone), questo anche una volta
raggiunta la sicurezza tanto economica quanto sociale, è quindi naturale il
rapporto tra la necessità creativa insita nella ricerca della felicità e
l’estetica, come lo è nell’azione ri-fondativa della tradizione che si esplica
attraverso il ripensamento dell’esperienza pragmatica, fino a superare un puro
individualismo possessivo per cui “prendo
quello che voglio perché posso” ( Sassoon).
Come già ricorda Dewey
senza l’estetica “l’umanità può
diventare una razza di mostri economici, incessantemente affaccendati in dure
transazioni con la natura e l’uno con l’altro, annoiati nell’ozio e capaci di
farne uso solo in ostentate pompe e in dissipazioni stravaganti. Come altre
questioni morali, questo argomento è sociale ed anche politico.”, vengono
quindi a fondersi le funzioni dell’estetica, della determinazione del valore e
della capacità creativa.
Bibliografia
·
E. Souriau, La couronne d’irerbes ,
·
P. Flores
d’Arcais, Addio alla verità ? Addio all’essere!, MicroMega, 98-104,5/2011;
·
H. Arendt, La
storia e l’Azione, MicroMega, 105-139, 5/2011;
·
A. Cauquelin, Mikel Dufrenne : portrait chinois, in
AA. VV., Vers une esthetique sans entrave. Melangs offerts a Mikel Dufrenne,
·
G. Lascault, Preambule in AA.VV., Vers une esthetique
sans entrave. Cit. ;
·
J. F. Lyotard, Discours/Figyre,
·
A. Manesco, Arte
e politica nell’ultimo Dufrenne, Clued, 1976;
·
G. Eilenberger,
Libertà, scienza, estetica, in H. O. Peitgen – P.H. Richten, La bellezza dei
frattali, Bollati Beringhieri, 1978;
·
G. Rittere,
Sollevazione popolare e politica di gabinetto: Gueisenau e Metternich nelle
guerre di liberazione, in “I militari e la politica nella Germania moderna. Da
Federico il Grande alla Prima Guerra Mondiale”, vol. I, Einaudi 1967;
·
C. Jean,
Introduzione a Karl von Clausewitz, Della guerra, Oscar Mondadori, 1994;
·
S Petrucciani, Adorno
e la democrazia manipolata, introduzione a T. W. Adorno, Massa e leader,
155-193, MiscoMega, 5/2011;
·
V. Perrone,
Denaro e benessere: 147 milioni di motivi per essere felici?, in E & M –
SDA Bocconi, 3-8, Etas 5/2009;
·
J. Dewey,
Ricostruzione filosofica, in Vita, pensiero, opere scelte, a cura di
A.Masserenti, ed. Il Sole 24 ORE 2006;
·
D. Sassoon,
L’istant sociology di David Cameron, in Il Sole 24 ORE, Domenica, 38, 147-221,
Nessun commento:
Posta un commento