Atto Costitutivo e Statuto della Associazione

L'Atto Costitutivo, lo Statuto della Associazione, la Scheda di Adesione sono pubblicati sotto la data del 2 febbraio 2013 di questo Blog

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domenica 26 gennaio 2020

Le Pradet 4 Gennaio 2020 Prima Comunicazione

Le Pradet, 4 gennaio 2020
Cari Amici,
desidero comunicare preliminarmente che il giorno secondo un programma che mi ero prefissato, sono finalmente riuscito a completare il Foto Albumrelativo alla nostra ultima escursione in CAMPANIA e più precisamente all’Operazione Campania Felix 13, che ha comportato la sistemazione di oltre 600 immagini complessive. E’ stato un lavoro molto impegnativo, specie per la parte Ville Stabiane, dove mi sono venuti a mancare molti riferimenti, ma, credo, che il lavoro effettuato sia stato comunque utile, perché, attraverso il Foto Album, si potrà ripercorrere, giorno per giorno e nei dettagli, tutta la nostra escursione campana. A tutti Voi, ora, il piacere di effettuare nuovamente un viaggio virtuale nelle numerose bellezze ammirate nel inesauribile giacimento culturale della Campania. Buon Divertimento !
Ricordo, come sempre, che, per poter vedere le immagini predette occorre seguire le note modalità, sotto riportate:
- chi si è registrato nel sito potrà entrare direttamente dall’interno del sito dell’Associazione (www.grifoarciere.org),
- altrimenti, per tutti gli altri, occorrerà digitare in internet: http://fotoalbum.grifoarciere.org/ (attenzionehttp e non https  !!) e quindi digitare, nello spazio richiesto per la password, il seguente algoritmo : 44ig4heg.
Per quanto riguarda, l’Operazione “Provenza 2020” (che sarà l’escursione n. 93^ dall’inizio delle attività della Custodia), dopo aver diramato le disposizioni aggiuntive e quelle per la raccolta degli anticipi ora è il momento di finalizzare le prenotazioni effettuate e di organizzare nel dettaglio, sul posto, i vari servizi previsti. Confermo che avremo a disposizione un autobus di 59 posti e che solo dopo il mio prossimo incontro con la Direzione della Foresteria della Marina di TOLONE, sarò in condizioni di comunicare ufficialmente la composizione definitiva del Gruppo, fatto che avverrà, in ogni caso, entro il 15 gennaio p.v..

Comunico infine, a titolo di anticipazione, che l’Assemblea Generale della Custodia del 2020 avrà luogo, secondo tradizione, ad ASSISI nei giorni 27, 28 e 29 marzo 2020 ed avrà come punto di riferimento logistico l’Hotel VILLA VERDE di ASSISI, ed il Ristorante “LA ROCCA” come luogo di elezione per la nostra tradizionale riunione conviviale annuale. Per l’occasione visiteremo alcune località della Valnerina e dell’alta Valle del Tevere.

Anche per questo mese di dicembre, il nostro bravissimo confratello poeta, Nicola ZITELLI da OSTIA, ci ha inviato il suo consueto apporto di sonetti romaneschi che, secondo una prassi ormai consolidata, mi sono permesso di commentare, per facilitarne la comprensione per i nostri confratelli, settentrionali e meridionali, meno assidui con la lingua di Trilussa. Ecco di seguito i sonetti di questo mese: 

- “PASTASCIUTTA ALLA ZOZZONA”. Con questa poesia in quartine (rima ABAB) il nostro confratello ritorna nel campo di uno dei suoi soggetti preferiti della cultura popolare romana, quello enogastronomico. Nello specifico la poesia ci parla di un piatto popolare romano quello della Pastasciutta alla zozzona, un piatto gustosissimo , che non si riferisce all’igiene, ma alla necessità, in un contesto di economia domestica, di utilizzare le “zozzerie” ovvero gli “avanzi” non utilizzati delle spese precedenti.
Questa antica pastasciutta romanesca non si chiama a casaccio alla zozzona, ma un giorno, un certo Vattelapesca, non poteva attribuirgli un nome più appropriato, perché questo piatto, nato senza clamore, recuperando tutto quello avanzato, risultava appetibile e ghiotto per sapore, ripulendo a fondo la cucina. Ecco dunque: un piccolo avanzo di guanciale, cipolla, pomodoro, pecorino, un rosso d’uovo, un peperoncino ed una salsiccia di maiale, spellata e sgranata. Metti a sciogliere sopra il fuoco il guanciale ed aggiungi un tritato fino di cipolla, quindi, appena ti accorgi che si ammorbidisce, ci sgrani a poco a poco la salsiccia. Appena il composto inizia a prendere colore, aggiungi il pomodoro spezzettato, che insieme al peperoncino macinato, dovrà sobbollire per un quarto d’ora. A questo punto, non appena hai scolato gli spaghetti o i rigatoni (su questo non mi esprimo), ti mancherà poco e sei quasi arrivato vicino al … pallino (lecco). Tirata la pietanza fuori dal fuoco, ora basta che ci metti l’uovo sbattuto ed il cacio grattugiato, perché non ti consiglio di effettuare questa operazione sotto la fiamma, che trasforma l’uovo in una frittata, rovinando “senzameno” il piatto.
- “BACCALA’ IN GUAZZETTO”. Con questa simpatica poesia in quartine (rima AABB), il nostro confratello si trattiene nel campo enogastronomico, raccontandoci di un’altro piatto popolare romano, il famoso Baccalà in guazzetto, celebre per i periodi di magro.
Prendi otto etti di baccalà messo a bagno, fatto a pezzetti e subito asciugato, infarinato in una scodella e messo a friggere in una padella. Come il baccalà prende colore e si indora e sprigiona un profumo che innamora, raccogli il tutto con una “schiumarola” per scolare il baccalà e quindi metti nella padella, per rimestarli nell’olio di frittura, un paio di spicchi d’aglio, schiacciati in modo che si aprano a ventaglio, mezzo chilo di pomodori pelati, spezzettati a dovere, mezza cucchiaiata di erbetta tritata ed una manciata di pinoli e di uva passa (zibibbo). Fai cuocere una diecina di minuti (il sale ed il pepe ce l’avevi già messi) e quando il sugo   comincia a ritirarsi, mettici di nuovo il baccalà appena scottato, per fargli assorbire il sugo del pomodoro. A questo punto prendi fiato, perché il lavoro è ormai concluso. Dammi retta … tiene bene in mente questo consiglio, perché il guazzetto ti manderà in visibilio !!!
- “TRIPPA ALLA ROMANA”. Con questo sonetto caudato (un sonetto classico a rima ABBA, ABBA, CDC, EDE con l’aggiunta di una terzina a rima EFF), il nostro confratello ci fornisce informazioni su un ulteriore piatto della tradizione popolare romana: quella della Trippa alla romana.
Prepara un battuto di lardo e di prosciutto con la carota, il sedano, il prezzemolo, l’aglio e la cipolla: metti sul fuoco ed aspetta che si rosoli per bene dappertutto. Scegli il “fojolo”. la parte più prelibata della trippa, sbollentato ed asciugato e quindi, con l’aiuto del coltello, affettalo a listarelle: in effetti, una fettuccia stretta riesci a rimestarla meglio nel sugo !!! Adesso aggiungi il pomodoro a pezzetti, mettici del sale ed un tritato di mentuccia e mescola il tutto sino a quando si rassoda. Quindi ci spandi, a pioggia, il pecorino e vedrai come viene assorbito dal sugo, liberando una fragranza appetitosa. ! Questo piatto sopraffino, magari, prima ancora che lo tocchi, basta da solo per “arifatte l’occhi”;
- “ME CHIAMO …”. Questa poesia in sestine (rima ABBACC), offre l’occasione al nostro confratello per parlarci del tempo, una variabile della nostra vita che sfugge totalmente al nostro controllo.
Mi chiamo: il Tempo e, come se avessi un gesso, io con una mano scrivo e con l’altra cancello: cancello il passato, quando lo supero per scrivere sempre quello che viene dopo. Sono il tempo eterno e quotidiano, governo il mondo con le briglie nelle mie mani. Ho segnato le ore all’universo, dal cataclisma dei continenti, che erano bollenti ed incandescenti, agli oceani e vulcani, attraverso lo sconquasso dei terremoti ed al finimondo dei maremoti. Sono quello che cancella le persone, che corrode la roccia delle montagne, che consuma i sassi e li distrugge, sin dal primo giorno della creazione. Aiuto la natura a fare e disfare con il passaporto dell’eternità.
Quello che ho visto solo Iddio lo sa: dagli animali antidiluviani alle piaghe d’Egitto, ai Troiani, nel sepolcreto dell’umanità. Sono stato il testimonio di ogni tipo di sorte, sia che si tratti di nascita o di morte. Io non sono mica il tempo degli umani, che scorre al ticchettio dell’orologio con l’ora dell’inizio e della fine (“sloggio”) delle attività umane o di tutte le incombenze più meschine. Non è così … perché lo dico io, ma io sono nato quando è nato Iddio.
“NUN CE SO’ SANTI”. Con questo simpatico e spassoso sonetto classico (rima ABAB, ABAB, CDC, CDC), il nostro poeta ci ricapitola con leggerezza ed ironia tutto l’universo dei santi patroni immaginari del popolino romano.
“Colui che è ricco sfondato si rivolge a san Sfonnino, quello che mangia velocemente si riferisce a san Strozzone, colui che ci vede male adora san Lumino ed ogni persona avida si rivolge a san Mucchione. Il guercio prega san Guercino, il trasandato, è evidente, si rivolge a san Fasone (francesismo derivato da “à la sans façon”), il “micragnoso” trova dalla sua parte san Bisognino, mentre il parassita ha come protettore san Magnone. Chi aspetta lo stipendio mensile si rivolge a San Pagazio (Paganino), l’avaro ricorre a san Pitocco, mentre il disperato ricorre a santo Strazio; chi mangia senza freni crede solo a san Crepazio, lo scroccone (cavalier del dente) ricorre al beato Scrocco e chi, infine, vince all’Enalotto ha dalla sua parte san Culazio”;
- “PAROLE”. Con questo ulteriore sonetto caudato (un sonetto classico a rima ABBA, ABBA, CDC, EDE con l’aggiunta di una terzina a rima EFF), il nostro confratello, esprime alcune sue personali considerazioni sulla triade rivoluzionaria francese, che spesso e volentieri si riducono ad un vuoto ritornello di parole senza significato.  
“Fratellanza, Uguaglianza, Libertà,” sono parole, ma c’è da averne paura. Perché, per motivi di soldi, per testardaggine o vanità ognuno se le ritaglia a propria misura. L’Italia ha già vissuto l’avventura di un vanaglorioso, posto al comando, ha fatto andare di traverso alla gente queste parole con l’odio e la tortura. Quando il papa regnava sui  romani, la pietà era come l’aria fritta; la carità che è cara ai cristiani non è servita a nulla con i carbonari e la mannaia, in mano al boia mastro Titta, ha decapitato Targhini e Montanari che, tanto per essere chiari, si sono giocati gratis la testa per un popolo, demotivato ed “a pecorone”.;
- “CALIMERO”. Con questo sonetto classico (a rima ABBA, ABBA, CDC, EDE) il nostro confratello esprime amaramente il destino di colui che,  coltivando idee e pensieri diversi da quelli degli altri si trova nella condizione o di non poter esprimere le proprie opinioni o di venirsi a trovare nella scomoda posizione di “Calimero”, un soggetto diverso da tutti gli altri.
“Ho rivangato indietro con il pensiero, per scorgere fra le pieghe del passato e liberarmi il cuore prigioniero dei dubbi per ridargli slancio. Troppe volte, in effetti, ci ho rinunciato attanagliato dall’angoscia, lo ammetto, ma confessare cosa si ha nell’animo è una cosa veramente difficile, come far tornare piano un cartoccio appallottolato. Farlo mi è giovato, perché mi sono sentito come un ingenuo  fra tanti prepotenti  (unico pollo fra tanti galli) e questo fatto, che devo dire, mi ha turbato: mi sono scoperto uguale a Calimero, che da parte sua era l’unico pulcino nero i mezzo a tutti i pulcini gialli”.
- “ROMANO PRODI”. Con questo sonetto caudato (un sonetto classico a rima ABBA, ABBA, CDC, DCD con l’aggiunta di una terzina a rima DEE) il nostro poeta, continuando nella serie di “facce de corno”, prende di mira un noto politico del recente passato, responsabile dei negoziati dell’ingresso in Europa e delle nefaste conseguenze economiche che le condizioni pattuite hanno determinato.
“Con una immagine da pipa che è un incanto, un compromesso fra un furbo ed un “posapiano”, mentre ostenti una faccia da estrema unzione  la metti “appartedietro” (in quel posto) …  all’ortolano.  Che tu abbia studiato da democristiano è una iattura, non è certo un vanto, perché hai rubato l’arte al sagrestano, “freganno” il vivo e “svangelando” il santo. A sentire te, sarebbe stato liscio come l’olio razzolare in Europa, terra del Bengodi; di fatto adesso razzoliamo … nei sacrifici ! Per quanto possa essere liscio, caro Prodi, non si raccoglie gratis o senza fatica l’erba voglio, perché ci vogliono grinta e … contrappesi tosti ! E mentre te la godi a fare il gradasso sulla bicicletta, c’è invece chi si impicca, perché stà in bolletta”.
- “L’ACCIACCO”. Con questo sonetto classico (a rima ABAB, ABAB, CDC, EDE) il nostro poeta ci racconta di una situazione medica centrata su uno strano malessere per ironizzare con un abile doppio senso sulla grassa ignoranza del popolino.
“Professore … mio marito ancora una volta, appare stordito e perde l’equilibrio: si ricorda che ha avuto uno scombussolamento generale  perché la pressione sballava ed è andato a finire … con un salasso ed una emorragia controllata ? Non è che si possa ripetere lo stesso malessere ?  Ma no, sora Maria, risponde il professore, … faccia le corna ! E la donna ribatte prontamente: Se fosse per le corna, professore, non dovrebbe prendere neanche un raffreddore !!”.
- “ER GIOCO DE LA TOMMOLA”. Con questa poesia in quartine (a rima ABAB) il nostro confratello prende o spunto dal gioco della tombola per fare un salto nel passato e per ricordare nel bene e nel male i vecchi tempi andati, legati ad una maniera forse più genuina di trascorrere il Natale.
“Il gioco della tombola rappresenta un pretesto per ravvivare un’antica tradizione, un Natale più semplice e modesto, con l’albero, il presepio ed il panettone. Un tempo esso costituiva un congresso di famiglia: i nonni, padre, madre, ragazzetti, i suoceri, l’innamorato della figlia, ciascuno con il suo mucchietto di fagioli. -- E’ uscito il 48 ? --  -- Come no, il prossimo anno ! – Il pretendente della figlia, quatto quatto, faceva il furbo ed intanto, sotto banco, palpeggiando di nascosto, se la “pomiciava”. Il mondo, gira più veloce di quello che dico e se la sorte sfugge di mano, come ci insegna quel proverbio antico, il cetriolo alla fine si ritorce sul fondo schiena dell’ortolano. Invece di aspettarla senza fare nulla e assumersi una vita di fatiche, dovremmo pensare alla conclusione, poiché è inutile addossare alla sfortuna i nostri comportamenti e reggere il gioco a figli senza voglia di far nulla con la testa rasata e l’orecchino che, grazie a padre e madre “fregnaccioni” trascorrono gli anni sul telefonino. Basta con il consumismo dissennato che sperpera montagne di denari, buono per gente pretenziosa e stupida più sfaticata dei babbuini. Quando è Natale, ritorniamo insieme a guardarci negli occhi ed a sottolineare che l’unico valore che ci interessa è l’amore che dà felicità.
Viva il Natale, con la tombolata e la festa dei vecchietti arzilli e dei ragazzini: sulla tavola mezza sparecchiata, torniamo di nuovo a giocare … da poverelli !”

Mi diventa sempre più difficile trovare nuove parole per esprimere al nostro confratello Nicola, i nostri più affettuosi sentimenti di sincera ammirazione e di gratitudine per il suo mensile apporto dei suoi sonetti, che, oltre a confermare le sue capacità tecniche e la sua “ars poetica”, ci trasmette un condensato di emozioni, di riflessioni e di allegria, prodotto genuino della sua grande sensibilità.

Anche in questo periodo estivo, il Vostro Reggente ha avuto la soddisfazione ed il piacere di pubblicare alcuni saggi, sulla: 

-  Rivista Informatica "Storia in NETWORK" (www.storiain.net), n. 271 del mese di dicembre 2019

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