Dal 4 all’11 febbraio
1945, nell'ultimo anno della Seconda
guerra mondiale, Roosevelt, Churchill e Stalin si incontrarono a Yalta in
Crimea per discutere, in base al principio delle cosiddette sfere d'influenza,
i piani per la conclusione della guerra contro le potenze dell’Asse,
l’occupazione e la spartizione della Germania e il successivo assetto
dell’Europa e dell’Estremo Oriente.
Prima di raggiungere la
Crimea il Presidente Roosevelt si incontrò a Malta con il Primo ministro
britannico Churchill e lì trovarono il Consiglio congiunto dei Capi di Stato
Maggiore che preparavano, già da tre giorni, l’operazione per portare le forze
anglo-americane nel cuore della Germania.
La conferenza di Yalta viene descritta come l'evento
epocale in cui i tre leader mondiali si spartirono l'Europa in sfere
d'influenza, benché fosse già chiaro, sulla base dell'andamento militare del
conflitto, che l'Unione Sovietica sarebbe stata potenza dominante nell'Europa
Orientale e Centrale. Gran parte delle decisioni prese a Yalta ebbero profonde
ripercussioni sulla storia mondiale fino alla caduta
dell'Unione Sovietica nel 1991 e per quanto, nei mesi immediatamente successivi,
sovietici ed anglo-americani proseguissero con successo la loro lotta comune
contro la Germania nazista e l'Impero giapponese, la conferenza
di Yalta e’ stata considerata il preludio della Guerra fredda.
L’iniziale linea seguita durante la Conferenza lascia
intendere che i tre leader avessero una strategia comune da perseguire. In
realtà, quella che sembra essere una strada comune verso una ipotetica pace
lascia ben presto spazio al percorso verso la realizzazione delle reali
intenzioni dei tre uomini, differenti se non divergenti le une dalle altre. Il
motivo alla base di questa separazione di obiettivi è da ricercare nell’analisi
dei fenomeni sociali interni alle tre grandi potenze. La pace sembrava essere
l’obiettivo comune di Roosevelt, Churchill e Stalin durante la Conferenza di
Yalta, ma quali erano le reali spinte che subivano i tre leader e che li hanno
portati a nuovi scontri? E’ chiaro che ogni protagonista della conferenza si è
mosso come una pedina su una scacchiera per accontentare da una parte
l’opinione pubblica internazionale e dall’altra le esigenze delle strategie
politiche e militari del proprio Paese.
Nel corso della conferenza furono previsti lo smembramento della Germania in Stati indipendenti e lo spostamento ad Ovest delle frontiere della Polonia (furono tuttavia definiti solo i confini orientali, lungo la linea Curzon[1]), e si toccarono i problemi della frontiera italiana con l’Austria e la Iugoslavia; l’URSS si impegnò a entrare in guerra contro il Giappone, dopo la sconfitta della Germania, in cambio del possesso delle isole Curili e di tutta l’isola di Sachalin.
Da sottolineare
che le sorti della Germania erano oramai inequivocabilmente segnate; il Terzo
Reich non solo non aveva più alcuna possibilità di modificare l’andamento del
conflitto, ma non poteva sottrarsi in alcun modo ad una resa totale e
incondizionata. Nei mesi precedenti c’erano stati contatti fra rappresentanti
tedeschi ed agenti sovietici in Svezia, e fra i primi e gli angloamericani per
un armistizio; probabilmente alcune di queste iniziative erano avvenute ad
opera di alti gerarchi nazisti ma senza l’intervento esplicito di Hitler, e in
ogni caso non potevano dare alcun risultato perché troppo grave sarebbe stato
di fronte all’opinione pubblica internazionale una pace separata a danno delle
altre potenze.
In particolare un argomento che
venne discusso anche al di fuori delle riunioni ufficiali riguardò cosa fare della Germania e come trattarla
alla fine della guerra. Stalin riteneva fosse necessario rendere impotente il
militarismo tedesco per evitare quanto accaduto nelle due guerre mondiali
uccidendo se necessario 50000 ufficiali tedeschi. Churchill espresse il suo disaccordo
affermando la necessità di tenere conto del diritto internazionale colpendo
solo i soggetti ritenuti criminali di guerra ma si mostrò
accondiscendente al fatto che l’Europa orientale fosse interamente sotto il
controllo della Russia.
L’URSS ottenne quindi
il riconoscimento dei suoi diritti, Romania e Bulgaria passarono di fatto sotto
il controllo sovietico, la Polonia veniva di fatto inserita nel blocco
sovietico dove passarono anche Cecoslovacchia e Ungheria.
La Conferenza di Yalta terminò l’11
febbraio del 1945. Roosevelt tornò a casa presentando l’incontro al Congresso
come un grande successo e una grande vittoria della pace ma morì prima di
partecipare alla conferenza successiva, quella di Potsdam. Churchill era invece
presente, ma interruppe i colloqui per rientrare nel Regno Unito e accogliere i
risultati elettorali: vinsero i laburisti e a Potsdam tornò il nuovo primo
ministro Clement Attlee. Alla chiusura della conferenza il
britannico «Time» scrisse: «Tutti i dubbi che potevano sussistere sulla
possibilità che i Tre Grandi fossero in grado di cooperare in pace come avevano
cooperato in guerra sono spazzati via per sempre».
La conferenza di Yalta quindi stabilì la spartizione del
continente europeo e del mondo intero in sfere d’influenza, ma di certo si
ebbero delle ambiguità che nel futuro non tardarono a manifestarsi. A suo modo
Stalin aveva saputo dare prova di una certa moderazione, in particolare sulla
questione greca e jugoslava, ma anche per aver consigliato i partiti comunisti
italiano e francese di astenersi da tentativi insurrezionali. Tuttavia per i
Sovietici gli accordi con le potenze occidentali erano all’insegna «del do ut
des», mentre per gli Americani il rispetto della volontà dei popoli costituiva
un principio inalienabile che non poteva costituire oggetto di scambio.
Il partito repubblicano americano
dell'epoca, per vocazione anti-rooseveltiano e in opposizione al Presidente degli Stati Uniti, sostenne che
Franklin Delano Roosevelt avesse presenziato al vertice già stanco e malato, e
quindi si fosse lasciato convincere da Stalin a cedergli la metà dell'Europa.
L’entusiasmo suscitato dalla conferenza
fu di brevissima durata infatti nelle settimane successive si ebbero una serie
di episodi gravissimi. Il Presidente americano Truman ricorda nelle sue memorie
che in Bulgaria subito dopo la conclusione degli storici accordi si ebbe una
ondata di arresti contro l’opposizione, mentre in Romania i Russi dirigevano la
Commissione di Controllo alleata, senza consultare i membri inglese e
americano. Il governo era un governo di minoranza, dominato dal partito
comunista che non rappresentava nemmeno il 10% della popolazione romena e la
vasta maggioranza del popolo romeno, non era soddisfatta dal governo, né di
qualsiasi altra forma di comunismo. Dal lato economico, la Romania veniva
strettamente legata allo Stato russo, tramite pagamenti in conto riparazioni,
con il trasferimento di proprietà che i Russi dichiaravano essere state dei
Tedeschi e con la requisizione delle attrezzature industriali come trofei di
guerra. Per di più, la Romania veniva quasi del tutto tagliata fuori dai
rapporti commerciali con le altre nazioni, e questo la costringeva a dipendere
sempre più dalla Russia».
In Polonia l’esercito sovietico riuscì
con l’inganno ad arrestare tutti i principali comandanti dell’Armia Krajova, la
principale formazione polacca anti-nazista. In Cecoslovacchia e in Ungheria la
situazione per un certo periodo rimase più tranquilla, mentre in Jugoslavia i
titini con facilità ottennero il potere (qui con il consenso popolare) mentre
un altro gravissimo episodio avvenne all’indomani della capitolazione delle
truppe tedesche in Italia, l’occupazione di Trieste e Pola da parte
dell’esercito jugoslavo.
Le conseguenze dell'occupazione jugoslava
di Trieste costituiscono l'ultimo doloroso atto di una vicenda politica e umana
che vede gli italiani delle regioni orientali pagare un alto prezzo per la
sconfitta dell'Italia. Trieste, Gorizia, Fiume, l'Istria, Zara, sono
l'obiettivo privilegiato della vittoriosa resistenza jugoslava, che non esclude
nemmeno la possibilità di conquistarsi anche la cosiddetta "Slovenia
veneta", cioè parte del Friuli, e magari portare i confini della
Federazione al Tagliamento.
Il comunismo jugoslavo
motiva il suo espansionismo con lo schema ereditato dal tradizionale nazional-
sciovinismo sloveno e croato. La città, il borghese, il proprietario terriero,
vengono contrapposti alla campagna, al proletario sloveno contadino,
"negato" nella sua identità nazionale dal secolare
"imperialismo" di Venezia prima e della ventennale dittatura fascista
poi. Purtroppo l’Italia non aveva nessun potere contrattuale ed ormai neanche
una politica militare .
Prima
dell’apertura della successiva conferenza di Potsdam, il governo sovietico
stabilì senza consultazioni che i territori tedeschi a Est dei fiumi Oder e
Neisse (il corso più occidentale fra i due fiumi che portavano questo nome)
venissero sottoposti all’amministrazione polacca. Ormai il mondo si avvicinava
a tappe forzate verso la guerra fredda.
Subito
dopo Yalta gli Stati Uniti si disinteressano dell’Europa che sembra abbandonata
a se stessa ed e’ in uno stato di debolezza politica e militare dovute alla
gravità della situazione economica e della miseria sociale. Da considerare poi
che in tutta l’Europa occidentale i partiti comunisti assunsero una certa
importanza. Si venne dunque a formare un nuovo assetto politico europeo nel
quale l’Unione Sovietica si era ritagliata la parte del leone , annettendo la
Carelia, i Paesi baltici, la Polonia orientale, la Bucovina e la Bessarabia
recuperando all’incirca i confini dell’Impero degli zar alla fine del 1913.
La
parte più importante degli accordi di Yalta fu comunque la Dichiarazione
sull’Europa Liberata,[2] con la
quale stabilirono principi importantissimi per la vita democratica del
continente. In essa venne definita una politica comune al fine di «aiutare i
popoli d’Europa liberi dalla dominazione della Germania nazista, e i popoli
degli Stati satelliti dell’Asse, a risolvere con mezzi democratici i loro
problemi politici ed economici più importanti»; il futuro del continente
sarebbe stato realizzato in base ai principi della Carta Atlantica:
«Diritto di tutti i popoli a scegliersi la forma di governo sotto la quale
vogliono vivere – restaurazione dei diritti sovrani e di autogoverno in favore
dei popoli che ne sono stati privati dalle potenze aggreditrici»
Nella conferenza furono
inoltre sviluppati i lavori, gia’ avviati a Dumbarton Oaks, in merito alla Carta
delle Nazioni Unite (in particolare fu trovato un accordo sulla procedura di
voto nel Consiglio di sicurezza) e si stabilì che la Conferenza delle Nazioni
Unite sarebbe stata convocata a San Francisco il 25 aprile 1945.
In conclusione si può affermare come
dato certo che la conferenza di Yalta fu
allora e rimase negli anni assai controversa. Le domande che possiamo ora porci
riguardano la possibilità che all’ultimo momento le tre potenze avrebbero
potuto collaborare; se fu colpa degli occidentali se ciò divenne impossibile e
se effettivamente segnò l’inizio della “Guerra Fredda”.
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