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martedì 9 dicembre 2014

Il Ponte dei Fiorentini - Famiglia Celani

ricerca a cura di Adele Pizzullo


Il Ponte dei Fiorentini, o come lo chiamavano i Romani “er ponte de fero”, era una vera meraviglia dell’ingegneria di fine ottocento. Realizzato tra il 1861 e il 1863 dall' ingegnere Calvi, ufficiale del Genio pontificio, coadiuvato dall’ingegnere Montgolfier Bodin, su progetto dell’ingegnere Raffaele Canevari, fu il primo ponte sospeso costruito a Roma.
Posto tra Via Giulia, all’altezza della Chiesa di San Giovanni dei Fiorentini, da cui poi prese il nome e Via della Lungara davanti a Palazzo Salviati, era un ponte completamente sospeso sul fiume. La sua campata di ben 93 metri per cinque di larghezza non poggiava infatti su piloni posti nell’alveo del fiume ma su due piloni e due piccole campate di 10 metri posti direttamente sulle rive del Tevere. Inoltre tutti gli impianti sospesi erano realizzati in acciaio (non in ferro). Le due forti catene che correvano ai lati del ponte erano collegate tra loro da spranghe metalliche, per ridurre le oscillazioni. Il pavimento era costituito da assi di legno. Inizialmente fu adibito al trasporto di veicoli a trazione animale ma in seguito fu riservato esclusivamente al passaggio pedonale.
Il Ponte dei Fiorentini fu soprannominato il “Ponte del Soldino”: come compenso delle spese sostenute il governo pontificio concesse alla società costruttrice il diritto di riscossione di un pedaggio per 99 anni. Il pedaggio era stabilito in un soldo. Erano esclusi dal pedaggio i militari, i gendarmi in servizio e i frati mendicanti scalzi. Il giorno di Pasqua invece il transito era gratuito per tutti. Un cartello posto dalla parte della Chiesa di San Giovanni dei Fiorentini recitava: “Il pedaggio si paga all’altra sponda”. Un giorno durante una delle piene del Tevere qualcuno aggiunse: “sempre che prima non t’inghiuotta l’onda”. Il cartello fu quindi modificato: All’altra sponda si paga il pedaggio” e qualcuno aggiunse, sempre dopo un’altra piena del Tevere: “se non ti mancano i soldi e il coraggio”. Responsabili della riscossione del pedaggio furono Domenico Celani e sua moglie per quasi quaranta anni. I due passavano le loro giornate chiusi in due casotti, sulle sponde opposte del fiume, accanto alla tabella che indicava i costi. Domenico era un omone grosso e riccio di carnagione scura soprannominato
"er moro der ponte de fero". l'incasso giornaliero veniva versato all'amministrazione pontificia, a lui spettava solo un modesto stipendio mensile. Durante una aggressione da parte di un passante che non voleva pagare il pedaggio si arrivò ai coltelli e Domenico, pur non rimanendo ferito, morì in seguito allo spavento. Il posto fu preso dal figlio Fernando e da sua moglie che occuparono gli stessi due casotti dei genitori, fino a quando il pedaggio si pagò solo dal lato di Trastevere e di conseguenza il casotto divenne uno solo. Per quei tempi questo della riscossione era un lavoro sicuro e poichè la concessione che permetteva il pedaggio doveva durare fino al 1963, avrebbe assicurato lavoro almeno a tre generazioni.
Purtroppo nel 1941 il ponte fu demolito quando si realizzò Ponte Principe Amedeo, posto a circa 100 metri più a monte.
Era in perfetto stato quindi il suo acciaio fu portato nei centri di raccolta per la guerra.
Fernando e sua moglie furono avvisati della decisione pochi giorni prima della demolizione. Il dolore fu talmente forte che Fernando ne morì pochi mesi dopo.
Per la realizzazione del Ponte del soldino furono necessarie alcune demolizioni su Via della Lungara.
Venne abbattuta la chiesa dei Santi Leonardo e Romualdo, degli inizi del XIII sec. Fu demolita un’edicola dedicata a Santa Francesca Romana con un affresco in cui era raffigurato il miracolo con cui la santa aveva salvato la cognata dall’annegamento nella acque del fiume. E fu demolito Porto Leonino, si trattava di un piccolo porticciolo fatto costruire da Leone XIII nel 1827 per l’attività mercantile, che non divenne mai importante poichè l’attività commerciale continuava ad svolgersi nei due porti di Ripa e Ripetta, era costituito da una piattaforma a livello della strada collegata alla banchina da due gradinate ellittiche. La struttura era inoltre caratterizzata dalla presenza della Mostra dell’Acqua Lancisiana, una fontana rinnovata da Leone XIII ma risalente al 1720, quando Monsignor Lancisi aveva fatto arrivare dal Gianicolo un’acqua ritenuta salutare.

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