Atto Costitutivo e Statuto della Associazione

L'Atto Costitutivo, lo Statuto della Associazione, la Scheda di Adesione sono pubblicati sotto la data del 2 febbraio 2013 di questo Blog

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martedì 21 ottobre 2014

ZAMPIERI, Domenico detto il Domenichino (1581-1641)
ricerca a cura di Adele Pizzullo
Nacque a Bologna nel 1581. Protagonista della pittura bolognese, fu uno dei promotori del classicismo secentesco europeo. Allievo prima di D. Calvaert poi dei Carracci, fu artista dei più colti, elaborando in un eclettismo raffinato le esperienze formali dei grandi maestri del 16° secolo. Nel 1602 era a Roma, collaboratore di Annibale Carracci negli affreschi di palazzo Farnese. Tra le sue opere a fresco sono particolarmente notevoli le decorazioni di una volta del palazzo Giustiniani di Bassano di Sutri (1609), della cappella Farnese nell'abbazia di Grottaferrata (1610), della cappella di S. Cecilia in S. Luigi dei Francesi (1611-1614), di una sala della villa Aldobrandini a Frascati (1616-17), dei pennacchi della cupola e della tribuna di S. Andrea della Valle (1623-28) e di quelli di S. Carlo ai Catinari (1630) a Roma.
Lavorò a Napoli,, dove influenzò largamente la produzione locale, sue le decorazioni della cappella del Tesoro nel duomo a Napoli (dal 1638).
Tra le grandi tele, sono da annoverare la Comunione di s. Gerolamo (1614, Pinacoteca Vaticana); l'Angelo Custode (1615, Napoli, Museo di Capodimonte); la Caccia di Diana e la Sibilla Cumana (1617 circa, Roma, Galleria Borghese). Artista colto, mirò non tanto a resuscitare, quanto a rievocare il classicismo cinquecentesco e a intenderne il significato profondo. Per queste sue capacità riuscì a fondere in un naturalismo sincero figure e paesaggio, che nelle sue opere prende una parte notevolissima, soprattutto nei quadri (Fatiche di Ercole; Erminia tra i pastori, Parigi, Louvre) e negli affreschi di soggetto mitologico. Spesso anche nei quadretti di minore impegno giunse a risultati precorritori del gusto moderno, componendo il paesaggio con largo senso classico e aperta sensibilità ai problemi della luce e del colore. Una sua teoria dell'arte, raccolta da G. B. Agucchi, costituì la base del pensiero critico di G. P. Bellori e, in genere, del classicismo secentesco.La sua pittura influì su N. Poussin, sul Lorenese e su G. Dughet.
Il 3 aprile 1641 stende il suo testamento e muore tre giorni dopo.
Nel testo "Roma moderna" risulta essere a Palazzo Salviati un Ritratto di Gregorio XIII sedente, col Cardinale Nepote avanti.

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